INSEGNARE TRUCCO, OGGI

a cura di Stefano Anselmo.

Quest’anno, nel 2020, ho superato i 53 anni di attività. Traguardo importante come truccatore, ma soprattutto, come insegnante di trucco. I luoghi dove ho tenuto seminari, si contano a centinaia, in diverse parti del mondo. In questo campo, quindi, posso veramente dire di averne viste di cotte e di crude. Ma ciò che mi tocca di più di questa annosa esperienza, è che in qualsiasi parte mi sia trovato, ho riscontrato errori e difficoltà sempre della stessa natura. Identici in ogni città, in ogni regione, in ogni stato. Certamente in alcune zone le cose vanno decisamente bene (pochissime, purtroppo). Ma, per fortuna, proprio tra le scuole migliori, ve ne sono alcune italiane, tra cui l’accademia che ho fondato e che porta il mio nomeAccademia Stefano Anselmo: in esse viene seguito un programma piuttosto vasto e ben strutturato e gli stessi insegnanti sono persone che amano molto il maquillage e, più preparati che altrove, si sforzano alacremente di diffondere la loro conoscenza. Ma, tralasciando le poche e preziose perle di cui abbiamo parlato, e spostiamoci altrove, sembra di ritornare ai più oscuri tempi medioevali. A quando, sia la conoscenza in senso lato, sia certi libri di testo, ritenuti opera del demonio, venivano additati e messi all’indice. Esagero? Certo! La differenza riscontrata, però, tra le pecorelle bianche e quelle nere è considerevole. Anche se a discolpa dobbiamo ammettere che alcuni sono errori di semplice ingenuità. Ora, per non fare di questo mio scritto una inutile lamentazione e produrre, invece, qualche cosa di buono, ho pensato di scrivere un elenco degli “errori tecnici e deontologici” più frequenti, riscontrati nel mio peregrinare di città in città. Con la speranza di illuminare un po’ le giovinette più “distratte” e far sì che le mie considerazioni possano, come dire, costituire uno stimolo alla crescita professionale e al miglioramento.

La punta alle matite

Troppe volte ho provato a spiegare che una punta grossa non può tracciare un tratto sottile. La cosa in sé non sembrerebbe difficile da capire; eppure… 
Ripeto: solo con una punta sottile è possibile tracciare segni sottili. E più precisamente: contorno labbra, contorno occhi, tratteggio a imitazione dei peli naturali nella correzione delle sopracciglia, tratteggio a imitazione delle ciglia inferiori nel trucco fine anni ’60. 
Inoltre la matita va sempre ben affilata sia per motivi pratici che profilattici. 

Igiene
Immaginate, in qualità di cliente, di recarvi presso un istituto per farvi truccare: dalla cabina trucco esce una donna perfettamente truccata che, ahimè! ha un bell’herpes sulle labbra e qualche foruncolo, qua e là sulle guance ancora in fase essudativa. Entrate nella cabina e vedete, appoggiati sul ripiano, colori e rossetti pasticciati, spugnette marroni di fondotinta e pennelli ancora sporchi del trucco precedente. Cosa pensereste quando la truccatrice, dopo aver affondato la spugnetta lurida nel vasetto di fondotinta mezzo consumato si dirigerà con mano sicura verso la vostra faccia? E, quando intingerà il pennello (sicuramente sporco) nel rossetto “pasticciato di herpes” per truccare le vostre labbra, non vi domanderete con quante altre bocche quel pennello e quel cosmetico sono già venuti a contatto prima della vostra?
In altre parole: vogliamo riconoscere alle nostre clienti il diritto ad essere truccate con una spugna nuova e candida e dei pennelli puliti e disinfettati? Oggigiorno è possibile acquistare confezioni di spugnette usa e getta economiche da 10-15 pezzi. Per quanto riguarda i pennelli vi consiglio di tenerne almeno una doppia serie in modo da averne di puliti e disinfettati, sempre a portata di mano. Prelevate i cosmetici fluidi o in crema con un applicatore usa e getta (le barrette-cucchiaino delle macchine distributrici di caffé, vanno benissimo, o se volete con spatoline più eleganti) e depositatelo sulle apposite tavolozze. Da queste, e solo da queste, attingerete per eseguire il maquillage. Pensate che negli USA vengono obbligatoriamente impiegati pennelli usa e getta anche per il mascara: un truccatore che facesse diversamente non troverebbe lavoro. Io, invece, vi chiedo solamente di applicarlo con uno spazzolino supplementare lavato con cura. Ricordatevi anche di ri-temperare sempre la matita prima di iniziare un nuovo trucco: asporterete così la parte venuta a contatto con la cliente precedente.

La Bocca come un tatuaggio
In questi anni, la diffusione della dermo-pigmentazione, ci ha resi spettatori involontari di brutture di vario genere. Tra esse si distingue per particolare sgradevolezza il contorno delle labbra marrone scuro, quasi nero, oggi fortunatamente sempre più in disuso. E la conseguente e orrenda moda del rossetto chiaro applicato all’interno del bordo in modo da creare un contrasto violento. Ciò ha prodotto, tra l’altro, la disdicevole abitudine di riprodurre lo stesso effetto con la matita marrone scuro o addirittura nera. Se volete diventare abili professioniste, cari allievi e addetti al lavoro, dimenticatevi questa orrenda moda: è volgare, brutta, inutile, professionalmente penalizzante. E, per di più non abbellisce. Mai. In nessun caso. Ma proprio in nessuno!

La mezzaluna sfumata al contrario
Un altro problema rilevato consiste nell’esecuzione della sfumatura a metà palpebra: alcuni ragazzi imparano ad applicare un segno, distante 3 o 4 millimetri dalla piega naturale delle palpebre muovendo il pennello dall’esterno dell’occhio verso l’interno. Ciò crea un’antiestetica sfumatura, innaturalmente nitida all’esterno e sfumata verso l’interno dell’occhio. Diversamente per eseguire un’ombreggiatura che rispetti il naturale disporsi delle zone di ombra sull’orbicolare superiore bisogna porre il punto più scuro proprio all’interno della piega degradando poi con il colore verso. Come fare? È semplice: portate il colore verso la tempia senza temere di esagerare. Una volta ottenuta la giusta digradazione ripulite l’eccesso con uno spigolo della spugnetta usata per il fondo, e il gioco è fatto.

Il trucco visto come semplice decorazione
Ancora troppo frequentemente il trucco viene visto come semplice decorazione del viso o, ancora peggio, come pedissequa rappresentazione della moda corrente. Diversamente si tratta di un procedimento piuttosto complesso attraverso il quale è possibile equilibrare, modellare, correggere, valorizzare e quindi, abbellire il volto umano. Invece, i maggiori sforzi di chi trucca sembrano indirizzati nel seguire la moda: fare la riga sugli occhi, quando fa tendenza, applicare il rossetto o l’ombretto della tale tonalità, ecc. Pochissima attenzione viene data allo studio del viso, delle sue caratteristiche morfologiche e cromatiche ed alla componente stilistica relativamente al soggetto e al genere di trucco che si è chiamati ad eseguire. Ho visto più volte giovani bellezze mediterranee, magari con qualche chilo di troppo, indossare un look inadatto: magliette “da bionda” color pastello, portate corte sopra i ridondanti fianchi, jeans aderenti e scarpe, trucco e acconciatura fine anni ’60: poverine! Non riescono a de-irreggimentarsi; a liberarsi dai canoni imposti dal loro “gruppo di appartenenza” (tanto per darne una lettura di tipo etologico…) E pensare che sarebbero così belle con un po’ di kohl negli occhi, sopracciglia ben disegnate, capelli neri e fluenti ed un abito lungo e scuro magari un po’ esotico.
Un po’ di tempo fa, al Bana Afrique (locale milanese di musica black, all’epoca vicino alla Stazione Centrale), incontrai una bella giovane ragazza vestita un po’ Gipsy.  Uno stile oggi rivisitato, e che andò di moda tra gli anni ’70 e gli anni ’80: indossava una bella gonna a balze che, danzando, si muovevano con sinuosità ed eleganza. Sopra, una camicia morbida e abbondanti orpelli “etnici”: una bella cascata di collane, orecchini, bracciali, cavigliera e un cinturone dalla fibbia immensa e molto scenografica. Scelta indubbiamente chiassosa, ma indubbiamente adatta al luogo e, soprattutto a lei. Infatti stava benissimo: portava capelli sciolti sulle spalle, neri folti e lucidi ed un bel trucco degli occhi intenso, nero e prugna; bocca carnosa e pallida. “Complimenti per il look” le dissi, spiegandole come mi stessi riferendo al fatto che non indossava solite anonime tenute “omologate”. “Sai, mi rispose, io sono una ricercatrice di tecniche di danza afro-asiatiche….”. “E questo ti permette di vedere un po’ più in là del tuo naso e di svincolarti dai condizionamenti stolti dell’irregimentazione modaiola.”, aggiunsi io. “Ci hanno provato, ma il cervello non me lo sono lasciata lavare: e poi basta leggere un po’, informarsi. Certo se come massima aspirazione desideri fare la Velina…..hai poco da sperare. Non ti resta che metterti un certo tipo di abito e mostrare un po’ il culo…”.  Ogni commento mi sembra superfluo.

Manca una cultura dell’immagine

Strano a dirsi: siamo in una società che ha investito buona parte delle sue aspettative sull’apparenza. Sul contenitore e non sul contenuto. Eppure nelle scuole dove si insegna trucco molto raramente viene insegnato a “guardare” con occhi attenti: manca una cultura dell’immagine sebbene il nostro mestiere sia indissolubilmente legato a tutto ciò che, come dire, può essere visto: in primis la storia del costume, del trucco e dell’acconciatura. E poi fotografie, campagne pubblicitarie, opere di grafica, di pittura. Lo stile degli arredamenti, dei mobili stessi, moderni e antichi. La linea delle automobili e degli abiti nelle sfilate di moda. Il motivo ispiratore (anche se spesso si riduce a un semplice pretesto) dal quale trae origine un’intera collezione di vestiti. Qualsiasi fonte etnografica. Qualsiasi elemento di antropologia che permetta di venire a contatto col punto di vista estetico di un popolo e col suo modo di fare arte su sé stesso, sugli abiti (o non abiti) che indossa o su qualsiasi altra cosa faccia parte del suo entourage culturale. O più semplicemente basterebbe andare al cinema (non a vedere commediucole insensate) e saper guardare, per imparare mille bellissime e importantissime cose. La luce, per esempio, capendo almeno un po’ la logica dell’arte dell’’illuminazione è impossibile non trarne un radicale giovamento nel modo di truccare. Una domanda: sapete cos’è un controcampo? E se lo sapete avete mai osservato la differenza di illuminazione usata sui soggetti maschili rispetto a quelli femminili allorquando l’attrice deve essere bella? Un professionista del trucco dovrebbe coglierne la differenza in un sol colpo d’occhio.

Applicare i cosmetici seguendo una tempistica rigida, senza cercare di capire la faccia e la persona
Senza cercare di capire, cioè chi si ha di fronte.
Non è detto che il fondotinta vada applicato indiscriminatamente su chiunque e sempre allo stesso modo. O che per forza di cose si debba applicare un ombretto sulle palpebre mobili. La stessa cosa, dicasi per il rossetto. Per quanto mi riguarda, ad esempio, talvolta preferisco definire la linea delle sopracciglia all’inizio del trucco. In altri casi le correggo dopo aver già impostato gli occhi. Oppure: di solito applico il fard dopo il trucco delle labbra. Ma talvolta lo faccio dopo oppure applico un’ombra marrone per infossare le guance e lascio il viso esangue… Con quale criterio si sceglie la procedura? Semplice. Dipende dal risultato che si vuole ottenere. Un giorno durante un corso sul trucco da sposa mi venne posta una domanda sul trucco del marito. Risposi che era meglio lasciarlo stare così, tuttalpiù un po’ di lampada o di correttore color pelle su un foruncolo imprevisto o un’incipiente occhiaia. “Ma neanche il fondotinta?”  mi chiese una vocina dal fondo della sala. “Quello proprio mai. E in nessun caso. Stiamo parlando di uno sposo, non di un viado!”. Conclusi con fermezza; chiaro, no?

Truccare gli occhi indiscriminatamente all’insù senza tenere conto delle esigenze del viso
Possiamo dire che la stragrande maggioranza delle persone che fanno trucco sono convinte che gli occhi all’insù migliorino il viso e che quindi si debba cercare di truccarli in questa direzione. Durante i miei seminari, infatti, mi capita di vedere visi allungati trasformati in facce cavalline da occhi e sopracciglia esageratamente rialzati. La cosa più strana è che le esecutrici conoscono a livello teorico (ma solo teorico) le tecniche per truccare questa tipologia di faccia, ma non le mettono in pratica se non in minima parte. Per non parlare di un metodo stranissimo usato per gli occhi che ho verificato essere abbastanza diffuso. Consiste nell’appoggiare un fazzolettino di carta ripiegato in modo che il lato piegato appoggi all’angolo esterno dell’occhio in direzione dell’attaccatura dei capelli. A questo punto si applica abbondante ombretto scuro, si toglie la carta et voià: una codaccia che svirgola verso le tempie. Questo metodo, per quanto produca un bruttissimo effetto, purtroppo riscuote un certo successo… Ricordo, anni fa, mi trovavo nella giuria di una gara di trucco in compagnia di Gil Cagnè che faceva da padrone di casa. Entrambi restammo senza parole nel vedere “tutte queste “ali” sventolanti ai lati degli occhi…”, come ebbe modo di commentare il nostro illustrissimo collega. Ora, care esecutrici di “ali”, vi invito tutte quante a meditare su quanto segue: tra le donne più affascinanti del XX secolo alcune avevano gli occhi truccati marcatamente verso il basso. Donne passate alla storia per l’unicità del loro fascino. Diventate inossidabile icona della bellezza femminile ed empiree muse di irriducibili sognatori…  Qualche nome? Marilyn Monroe e Greta Garbo, per esempio. Non vi Basta?

Scarsa abitudine all’utilizzo di strumenti professionali (pennelli, spugne, piumini, ecc)
Molto, troppo frequentemente, vengono usati pennelli di così scarsa qualità da rendere incapace di lavorare anche il truccatore più bravo. Figuriamoci un principiante!
Inoltre bisogna saperli pulire senza rovinarli. Ho visto pennelli arruffati come un gatto spaventato dopo un insano tentativo di pulizia. Bisogna sapere che un buon pennello può durare anche 10 -15 anni, se trattato con le giuste attenzioni. Ma, d’altra parte è anche possibile rovinarlo in 10 -15… minuti!
Inoltre è poco diffusa la capacità di riconoscere le peculiarità e le differenze che distinguono i cosmetici di utilizzo professionale da quelli di uso, cosiddetto “sociale”.
Le giovani, infatti, si lasciano ingenuamente sedurre da cofanetti scintillanti e coloratissimi, ma, ahime! molto, molto pesanti. Dimenticando il diverso rapporto confezione-prodotto che dovrebbe caratterizzare le linee professionali: un truccatore ha bisogno del contenuto e non del contenitore. Ha bisogno di una valigetta leggera e con tanti cosmetici all’interno. E non tante scatolette munite di specchio e spazzolino. Per alleggerire la valigia, infatti, i truccatori professionisti estraggono le cialde dagli astucci per riunirle tutte, opportunamente incollate, in un altro contenitore leggerissimo e anonimo. Altra caratteristica delle linee professionali è il colore sempre neutro delle confezioni: preferibilmente bianco, nero o grigio.  Mai colori accesi come, rosso, celeste, giallo ecc. 

Uso eccessivo degli ombretti perlati
Le giovani (e non solo) sono affascinate dai colori iper-perlati e scintillanti. E li acquistano molto più volentieri degli utilissimi, ma poco chiassosi, ombretti color ombra, per di più opachi. A causa di tutto ciò, molte ditte, arricchiscono le proprie linee, espressamente, di colori madreperlati, per renderle più appetibili. E ci riescono.
I colori metallizzati sono belli e utili. Non sostengo il contrario. Ma vanno utilizzati con parsimonia e competenza: sempre come riflesso ben localizzato. Per esempio sotto le sopracciglia o al centro delle palpebre mobili vicino alle ciglia. Oppure per un maquillage più ostentato si possono applicare abbondantemente sulle intere palpebre mobili. 
Se vengono usati indiscriminatamente, invece, imbruttiscono: appiattiscono annullando ogni forma di profondità e intensità dello sguardo. Non bisogna dimenticare inoltre, che una zona “lucida” risulta efficace solo quando è circondata da una zona opaca. Infatti essa appare luminosa proprio perché ha intorno ad essa una superficie opaca. Applicando indiscriminatamente ombretti madreperlati, viene fuori un gran pasticcio e soprattutto si evidenziano gli eventuali inestetismi: gonfiore delle palpebre, mancanza di “profondità”, infeltrimento dei tessuti, difformità cutanea, ecc.

Scarso utilizzo e diffusione dei testi didattici e di riviste
Un medico o un avvocato non rinuncerebbe mai all’abbonamento di almeno un paio di riviste specializzate.

A chi non è capitato, trovandosi nella sala d’attesa di un professionista, di sfogliare una rivista del suo settore? Eppure ancora troppe scuole non prevedono l’uso di libri di trucco (non è mera propaganda: oltre al mio ve ne sono altri).

Talvolta alle allieve consegnano tristi e illegali fotocopie o, addirittura niente.

Poche le scuole che utilizzano libri di testo anche per il trucco. A queste rivolgo un personale e sentito segno di apprezzamento.

Scarsamente preparati in cosmetologia 

(Almeno per quanto riguarda la formulazione dei cosmetici decorativi.)
Quasi in ogni seminario mi capita di parlare delle tre formulazioni di base dei cosmetici decorativi. Frequentemente scopro di trovarmi di fronte a persone con una mentalità e una preparazione da cliente di profumeria: quando dico che una matita e un pan-stick sono “parenti” dal punto di vista della formulazione, o che una terra non è che un fard non pressato, sembrano cadere dalle nuvole. Così come sembrerebbe difficile far capire perchè un fondotinta fluido, essendo un’emulsione, è idrosolubile mentre uno colato, non lo è.

Lo studio della teoria dei colori fondamentali, composti e complementari è veramente indispensabile per un truccatore
La scelta delle tonalità è un’operazione basilare per la buona riuscita del trucco vero e proprio. La qualità del risultato dipende dalla dominante cromatica della pelle sottostante. Infatti, dobbiamo sapere che nessun cosmetico (neanche quelli per Comouflage che sono i più coprenti in assoluto), riescono a nascondere completamente il colore sottostante, il quale trasparirà sempre un pochino, rendendosi visibile. Per risolvere questo problema si deve ricorrere all’uso dei complementari. Ma perché il gioco funzioni è indispensabile applicare una tonalità che sia il giusto e perfetto complementare-antagonista, della discromia da combattere. Diversamente la zona assumerà una colorazione innaturale o la discromia non risulterà corretta al meglio. 

I colori fondamentali
Nel trucco, così come in pittura, i colori fondamentali sono cinque: oltre al blu, al rosso e al giallo, esistono il bianco e il nero, che non sono colori veri e propri, ma per il trucco e per qualsiasi altra forma di arte figurativa lo sono di fatto, tanto da essere indispensabili. 
Una piccola quantità di nero, aggiunta al verde o all’azzurro, rende il colore più spento e più morbido. Le sfumature intermedie si ottengono aggiungendo una punta della tonalità desiderata: ad esempio, se al rosa si mescola un po’ di giallo, si otterrà un piacevole salmone; se al grigio si aggiunge un tocco di rosso, si otterrà un grigio rosato, ecc.

Insufficiente conoscenza sulle opportunità di correzione valorizzazione e “personalizzazione” offerte dall’arco sopraccigliare
La bellezza ha delle regole logiche che la moda non possiede e che rimangono intramontabili nel tempo. Mi è capitato, e non raramente, di assistere a dimostrazioni di professionisti dell’estetica i quali non sempre davano la giusta importanza alla linea delle sopracciglia. Eppure sono convinto che delle sopracciglia adeguate costituiscano uno dei punti fondamentali per l’equilibrio di un viso: ogni volto ha il suo tipo di sopracciglia, non inventato dalla fantasia, ma caratterizzato in funzione della struttura del volto stesso e dei rapporti fra gli altri elementi del viso. Un arco sopraccigliare corretto per spessore, posizione, inclinazione, lunghezza, è quasi sempre decisivo per l’armonia di un volto anche minimamente irregolare. Quanto affermo è confortato dall’avvento di una nuova figura professionale diffusasi in unprimo tempo nei paesi anglosassoni, notoriamente più avanzati di noi: l’Esperto in Sopracciglia.
E’ molto importante tenere presente che le sopracciglia sono l’unico elemento del viso non vincolato alla loro posizione; gli occhi si possono allungare o ingrandire, ma devono rimanere dove sono. Lo stesso vale per la bocca e le altre parti della faccia. Le sopracciglia offrono invece infinite possibilità di modifica e di correzione. Infatti nel caso di un arco sopraccigliare dalla linea completamente sbagliata, è sufficiente ricorrere alla depilazione e ridisegnare in seguito la forma corretta.
Inoltre l’arco sopraccigliare sostiene e modella il viso e ne definisce lo stile ed il carattere.
Un look anni ’80 non può esistere senza sopracciglia “selvagge”. Al contrario lo stile ’30 prevede rigorosamente un arco sottilissimo e abbarbicato sulla fronte. Quello anni’ 50, prescrive una linea folta, slanciata e ascendente. E così via!

Incuria nell’applicazione del mascara
Applicare bene il mascara è una bella seccatura: richiede tempo e attenzione. Nella maggior parte dei casi, nel normale trucco correttivo-di abbellimento, la riuscita degli occhi, dipende dalla qualità dell’applicazione del mascara. Eccovi la lista degli errori più frequentemente commessi nell’applicazione del cosmetico per ciglia:
1- eccesso di prodotto applicato in poche passate.
Nel complesso il mascara va applicato in una quantità piuttosto abbondante. Ma, per un buon risultato è indispensabile applicarne poco per volta, utilizzando uno spazzolino supplementare, senza intingerlo troppo nel cosmetico.

2- Bisogna cercare di insistere sulle radici sfiorando appena le punte. Diversamente vi ritroverete, in un batter d’occhio, pochi sparuti ciuffetti di ciglia, appiccicati tra loro.

Enorme confusione tra l’uso e il metodo di applicazione delle ciglia artificiali di tipo tradizionale e quelle di tipo “semipermanente”
La domanda me la aspetto e puntualissima arriva ogni volta che applico ciglia artificiali: “quanto durano?”  E altrettanto puntuale la mia risposta volutamente provocatoria: “finchè la cliente non si lava la faccia!”  E’ stranissimo che non venga insegnata né l’applicazione delle ciglia artificiali né l’enorme differenza che c’è tra la tecnica detta “semi permanente” e quella tradizionale!
La differenza è enorme e credo di averla anche spiegata abbastanza bene nel mio libro tecnico; mah!

Frequentissimo errore nel contornare gli occhi
Talvolta, credendo ingenuamente di rendere il trucco più naturale e leggero, si contorna la palpebra inferiore tracciando una la linea sottile molto sottile e aderente alle radici delle ciglia, cosa che invece produce l’effetto opposto. Cioè restringe gli occhi facendoli sembrare molto più piccoli. Al posto di questo pernicioso segno andrebbe applicata una sfumatura ampia e morbida che, al contrario apre e ingrandisce. Ma, anche questo, sarebbe troppo lungo spiegarlo in questa sede: correremmo il rischio di dover dedicare un intero numero della rivista solo al mio articolo. 
Ma non è tutto. Il desiderio di eseguire una bordatura sobria può spingere a tacciare la linea che comprime letteralmente gli occhi agli angoli esterni e interni rendendoli piccoli e tondi come quelli di un volatile. Molto più grave è il risultato prodotto da chi applica la dermo-pigmentazione con lo stesso criterio perché il danno estetico provocato dall’errore è pressochè permanente.