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I NEI
Al mio paese li chiamavano “BLËSSA”: bellezza, inteso come “macchia di bellezza”. Da ciò si evince che nella tradizione popolare ritroviamo una chiara testimonianza del neo inteso come evenienza abbellente. Del resto donne famose per la loro bellezza o per il loro fascino non hanno mai mascherato i nei naturali: indimenticabile il neo vicino al labbro inferiore della bellissima Virna Lisi; quello sul labbro superiore della enigmatica Patty Pravo; quelli sulla guancia di Liz Taylor, di Marlene Dietrich e di Marylin Monroe; il “trio” di nei che da sempre ha decorato il volto della nostra Mina nazionale: nella copertina del CD “veleno”, abbiamo voluto duplicarli anche sull’altra guancia, elevandoli a griffe personale della cantante…
Volendo raccontarla tutta, però, ci perderemmo nella notte dei tempi: pensate che l’uso dei nei posticci risale addirittura all’antica Roma dove venivano usati a profusione, sia per adornare il volto, che per camuffare macchie foruncoli, sia, sebbene meno diffusamente, per comunicare un messaggio. Regolo, avvocato romano, si applicava un neo artificiale sulla parte destra o sinistra della fronte, a seconda che fosse o non a favore dell’accusa. Marziale per descrivere una bella donna dice: “Un gran numero di finti nei di bellezza ricopre la sua fronte”. Ed anche Ovidio in una descrizione analoga: “Pochi spazi nel suo viso sono senza macchie di bellezza”.
A quell’epoca esistevano due termini distinti per indicare i nei naturali e quelli artificiali. Per i primi vi era il sostantivo naevus; per i secondi splenium (presumibilmente pezzetti di pelle animale conciata, colorata, ritagliata ed incollata sulla parte desiderata).
Parecchi secoli più tardi dalla Francia venne importata la moda dei nei posticci che si diffuse rapidamente e rimase in auge per tutto il XVII e XVIII secolo. Per indicarli veniva per lo più usato il termine francese mouche, mosca, infatti in Inghilterra a volte venivano chiamati fly, che significa sempre mosca. Questi venivano applicati con il lentischio vicino agli occhi, alla bocca oppure sul seno per esaltarne il candore.
Il linguaggio dei nei
Ogni posizione aveva una simbologia e una denominazione precise: c’era il neo scoccabaci, civettuolo, lo sbarazzino, il prezioso, il malandrino ecc. Venivano confezionati in pelle, in taffetà, ma ve ne erano anche di più economici fatti di semplice carta. Potevano avere le forme più imprevedibili: luna piena, mezzaluna, stella, losanghe, croci e persino a forma di cocchio con tanto di cavalli. Al tempo di Luigi XIV, i nei posticci, oltre ad avere una funzione puramente decorativa, assunsero un particolare significato: accanto alle labbra, chiamato “coquette”, era considerato allettante e tentatore, mentre uno tondo, assassine o neo a forma di cuore, posto sulla tempia era considerato molto serio e dignitoso. Sulla guancia sinistra un neo a forma di cuore serviva ad avvertire che colei che lo portava era già fidanzata e quindi non più libera; dopo il matrimonio, avrebbe trasferito il neo a destra. Un neo nell’angolo dell’occhio era conosciuto come la passionnée, nel mezzo della fronte come la majesteuse, nel mezzo della guancia come la galante, nella giuntura naso-labiale come l’enjousée, sul naso (mai sulla punta) come l’impudent, o l’effrontée, accanto alla bocca come la baiseuse, sul labbro inferiore come la discréte, tra la bocca e il mento come la silencieuse e se copriva una piccola escrescenza o un brufolo la voleuse o la receleuse Le grandi donne, di solito ne indossavano sette o otto e portavano sempre con sè scatole di nei posticci per poter sostituire quelli che potevano cadere o per essere pronte ad aggiungerne uno in più.
Una favola sull’origine
Nel 1661 uno scritto francese fornì una garbata versione sulle origini dei nei che, sebbene fantasiosa, è una spiegazione più elegante di quella secondo la quale tale usanza trae origine dall’esigenza di nascondere i foruncoli.
“In un bel pomeriggio troviamo Cupido oziare con sua madre. Cupido stava cacciando le mosche, che sembravano infastidissero Venere. Per evitare di innervosire sua madre, Cupido cattura una mosca che si era posata sul seno di lei; egli la teneva in modo che la si potesse vedere… Come all’improvviso il petto appare più calmo, di un abbagliante, lucido, risplendente bianco, come intorno ad una nuvola di tinta nerastra il cielo diventa di un blu più intenso. La dea fu così soddisfatta di questo effetto che promise a suo figlio due tartarughe-colombe come ricompensa. L’ingegnoso Cupido, allora ritagliò da una stoffa nera, circa 1000 mosche e ne collocò una proprio vicino all’occhio e poi un’altra sul petto e, sulla guancia ne andò un’altra e sulla fronte, sul mento e, sul naso”.
La moda dei nei ispirò anche Jean de La Fontaine che scrisse una breve poesia della quale riportiamo alcuni versi:
La mosca e la formica
(…) E’ forse a te concesso,
piccina, di sedere in testa ai re?
E di volare in seno del bel sesso
Com’è concesso a me?
Io do spicco al candore naturale
Delle belle donnine innamorate,
che non credeono d’essere acconciate
senza almeno una mosca artificiale;
ma tu, sciocca, contutti i tuoi granai
sempre una miserabile sarai.
(…) in quanto al dir che siete l’ornamento
delle belle donnine civettuole,
è un giuco di partole,
ché poca gloria io vedo in verità,
se un po’ di taffettà
ate somigli oppur somigli ame
e il merito non c’è
se della Mosca il nome gli si dà. (…)
(Traduzione di Emilio de Marchi)
Per tutto il ‘700 le mouches o nei artificiali, ritagliati nella pelle conciata, nell velluto, nel raso o più semplicemente nella carta, sono sempre stati presenti sul viso delle donne e, non raramente, anche degli uomini.
Nel ‘700 i cicisbei, non meno truccati della dama, offrivano a questa l’indispensabile scatoletta col bianco ed il rosso e quelle contenente i preziosi nei. Damina e cicisbeo con le loro parrucche impomatate ed incipriate sono forse le figure che in modo più efficace descrivono la leziosità del secolo galante: protagonisti e vessillo di un’estrema ricercatezza sono i nei, sempre numerosi sul viso di uomini e donne e la magica cipria che rendeva candidi i capelli. L’uso di applicarsi nei che nel secolo precedente era una moda prevalentemente elitaria, adottata cioè soprattutto dall’aristocrazia, nel ‘700 si allargò alla borghesia che, sempre più potente, aveva iniziato la sua scalata verso il potere economico. Questa moda venne spinta fino all’esagerazione cospargendo di nei viso e spalle. Questi preziosi ornamenti venivano custoditi in appositi contenitori che, alla moda francese, venivano chiamati boite à mouches: scatolette simili a tabacchiere o a portapastiglie, erano di forma rettangolare o tondeggiante, a volte molto preziose. Alcune, quelle da “asporto” in particolare, avevano uno specchietto posto sotto il coperchio incernierato alla scatola. Ciò rendeva molto più comodo rinnovare o sostituire i nei anche lontano dalla propria toeletta. Le boite à mouches da tavolo erano normalmente più grandi, spesso in porcellana o in smalto, mentre le altre erano creazioni dei migliori orefici ed argentieri dell’epoca. Quelle di madame de Pompadour è degna di particolare menzione: era ricoperta di prezioso smalto ed aveva la forma di un cigno.
Vi erano poi le moites à rouge et à mouches destinate a contenere nei e belletto: avevano un coperchio centrale che nascondeva lo specchio ed alcuni scomparti per i nei, il belletto ed eventualmente altri cosmetici.
Qui finisce il nostro breve viaggio tra le macchie di bellezza. Sicuramente abbiamo tralasciato molte annotazioni: misteriosi usi cosmetici dimenticati in fondo ad una biblioteca di chissà quale sperduta cittadina del Nord Europa. Se scopriste qualcosa di nuovo, però, fatemelo sapere, grazie.
Vostro
Stefano Anselmo
Crediti:
Fig 1: Foto Mauro Balletti. Per gentile consessione WHITE sposa, maggio 2008.
Fig 2: Alcuni nei tra i più diffusi nel XVII e nel XVIII secolo.
Fig 3: La copertina di VELENO, per gentile concessione GSU Lugano; Foto Mauro Balletti.
Figg 4,5 e 6: Villa Valmarana, affreschi del tiepolo che mostrano figure con vistosi nei applicati sul viso.