- blogazine
-
by admin
Intolleranza e Discriminazione: una ricerca di Stefano Anselmo
Da dove arriva la parola Intolleranza e Discriminazione? Lo scopriamo insieme attraverso la ricerca del Maestro Stefano Anselmo.
Ecco la prima parte dell’articolo su questi 2 temi:
L’Intolleranza e la Discriminazione è uno delle forme più drammaticamente diffuse di violazione e negazione dei diritti umani del nostro tempo. Declinata in discriminazione etnica, di genere o di tipo religioso, è sempre e inevitabilmente indice di barbarie, di ignoranza e di arroganza culturale.
Ecco perché è necessario affrontare i meccanismi di intolleranza e discriminazione, le falsità “scientifiche” e i luoghi comuni che ne sono all’origine, al fine di conoscerne le imbarazzanti, assurde, antiscientifiche e pressoché sconosciute radici.
Un argomento insolito per una scuola di trucco? Sì, certamente. Tuttavia, forte di esperienze precedenti in cui ho avuto la fortuna di presentare una relazione su tematiche come l’Intolleranza e la Discriminazione, abbiamo deciso di approfittare della saletta conferenze dell’Accademia per invitare gli iscritti (di trucco e stilismo) ma anche uditori esterni.
Durante l’incontro si è parlato di: Intolleranza e Discriminazione di genere, Discriminazione etnica, Discriminazione morfologica, Discriminazione attitudinale, Discriminazione religiosa, Discriminazione geografica, Discriminazione dell’orientamento sessuale e abbiamo scoperto che in Italia le persone toccate da questo problema sono: Trangender (69,7%); Senzatetto (67,4%); Rom (65,3%); Neri (63,4); Omosessuali (63,2); Islamici (61,2%); Donne (56,8); Stranieri (52,8%). Sommando queste cifre percentuali sfioriamo i 500%, da cui si evince che un singolo intervistato sia intollerante verso più categorie umane considerate non “normali” o diverse.
Allora domandiamoci: cosa vuol dire intolleranza e discriminazione, soprattutto diverse da chi? E chi decide cos’è normale? Alda Merini, grande poetessa da poco scomparsa, spiega semplicemente che:
“La normalità è un’invenzione di chi è privo di fantasia”.
Tuttavia, sappiamo che “normale” significa “nella norma” e si riferisce alla presenza in maggiore percentuale di alcune caratteristiche. Ergo: un giapponese è «normale» a Tokio ma non a Firenze perché è morfologicamente diverso. Diversamente un bianco europeo sembra “normale” a Firenze ma non a Pechino o a Bamako.
Nei fatti, la diversità muta la propria valenza a seconda di come viene declinata:
- Valenza NEGATIVA = straniante, fuori luogo, sgradito, imbarazzante, inquietante, pericoloso, ecc.
- Valenza POSITIVA = essere unico, moderno, innovativo, personale, progressista, inclusivo, con lo sguardo al futuro, essere trendy, costituire un nuovo modello di riferimento, ecc.
A tale proposito, la Scienza parla molto chiaro riguardo l’intolleranza e la discriminazione. Luca cavalli Sforza, il maggiore genetista italiano ex direttore del Dipartimento di Genetica della Stanford University, spiega che: “Si perde varietà genetica quando ci si sposa tra simili e aumenta il rischio di problemi genetici. Il meticciato invece aumenta la ricchezza dei corredi genetici degli individui e il meticciato è una vera speranza di miglioramento per l’umanità. Più i patrimoni genetici di padre e madre sono diversi, più possono scaturire combinazioni vantaggiose. È il cosiddetto vigore degli ibridi. E anche per l’uomo possiamo parlare di “vigore degli ibridi” che sono caratterizzati, in genere, da alcune peculiarità comportamentali, come la capacità di apprendere. Insomma, si ha una marcia in più.[1]
Non è un caso che oggi l’avanguardia stia proprio nella valorizzazione della diversità esaltandone i valori positivi, a discapito di intolleranza e discriminazione. Infatti, molti finiscono per apprezzare questi “portatori di diversità” senza capirne il motivo. Parlando di bellezza, ad esempio basta citare l’afroamericano Tyson Beckford, per 2 volte classificato al 1°posto come “uomo più bello del mondo”. Beckford è figlio di genitori giamaicani e nipote di una nonna paterna cinese. Oppure l’arcinota Naomi Campbel anche lei con padre e madre giamaicani e nonno materno, cinese.
Ancora una volta ci vengono in soccorso le bizzarrie della genetica con soggetti come Mekhi Lucky, super celebrato modello black con un solo occhio azzurro; oppure Ralph Souffrant: struttura “black”, pelle chiara, capelli crespi rosso fuoco e viso e corpo costellati da una miriade di lentiggini. Oppure Chantelle Whitney Brown-Young[, più nota come CHANTELLE, bellissima modella nera magicamente “macchiata” da una forma di vitiligo stupefacentemente simmetrica, tale da sembrare dipinta appositamente. Così come altri modelli saliti alla ribalta perché, sì alti e prestanti ma, soprattutto, per l’evidente vitiligine: Alpha Ndoye senegalese e Quis Crawford americano. Restando in tema, come non citare il monzambicano Moostapha Saidi trasformato in opera d’arte dal fotografo sudafricano Justin Dingwall, grazie a una accentuatissima forma di vitiligine.
Anche l’albinismo può trasformarsi da disturbo estetico in prerogativa vincente contro l’intolleranza e la discriminazione. Ne sono una prova l’americano Shaun Ross detto “il nero-bianco” e i sudafricani Thando Fopa, Sanele Xaba, e gli americani Keenan Javon e Diandra Forrest.
Le immagini di Justin Dingwall sfidano le nozioni tradizionali di bellezza. Il suo lavoro Albus si impernia sull’esplorazione dell’estetica dell’albinismo in contrasto con le percezioni idealizzate della bellezza. Dingwall vuole ”Catturare qualcosa che non è convenzionalmente percepito come bellezza. Non si tratta di razza o di moda, ma della percezione di ciò che soggettivamente vediamo come bello. Per me la diversità è ciò che rende l’umanità interessante e bella”: le sue immagini sono la celebrazione della bellezza nella differenza, combattendo l’intolleranza e la discriminazione.
Sul razzismo: approfondiamo il tema dell’intolleranza e della discriminazione
Il razzismo è uno strumento del potere che tende a porre limiti per mantenere il più possibile inalterato lo status quo. E, per ottenere tale risultato, è necessario che: Tutto sia sotto controllo e che tutto rientri (almeno apparentemente) nelle norme stabilite.
Per ottenere tutto ciò è indispensabile:
SEMPLIFICARE, CATALOGARE E STABILIRE CIÒ CHE È LECITO ELIMINANDO IL PIU’ POSSIBILE LE VARIANTI.
Gli strumenti impiegati per diffondere xenofobie, razzismo e discriminazione sono: INFORMAZIONE deviata e tendenziosa, diffusione di FALSI DATI SCIENTIFICI, e utilizzo strumentale della RELIGIONE.
Un esempio di informazione deviata:
1) Il docente Stefano Anselmo non è un bravo insegnante.
2) Il docente è un cattivo insegnate.
Entrambe le affermazioni sono esatte ma, togliendo la specificità (punto 2) si fa sì che il pensiero espresso venga percepito in una dimensione di pregiudizio professionale/razziale. Diversamente nell’enunciato 1 ci si riferisce ad una persona specifica e non a un gruppo professionale, etnico, razziale o di altro tipo.
Il Razzismo di genere: intolleranza e discriminazione
La donna vista come essere inferiore asservita al maschio dominante; tutto comincia da lontano:
– (…) tuttavia ti sentirai attratta con ardore verso tuo marito, ed egli dominerà su di te”.
Dal Libro della Genesi – 3, 16
- “Sei tu la porta del diavolo (…) sei tu la prima che ha trasgredito la legge divina”. Tertulliano, Padre della Chiesa, II sec. d.C.
– Cristo è il capo di ogni uomo, l’uomo è capo della donna e Dio è capo di Cristo. (…) ogni donna che prega a capo scoperto, disonora la sua testa, perché è come se fosse rasa. Se una donna, dunque, non vuol portare il velo, si faccia tagliare i capelli. Prima Lettera ai Corinti -11, 1 – 12.
- Le donne nelle riunioni tacciano, perché non è stata affidata a loro la missione di parlare, ma stiano sottomesse, come dice la legge. Prima Lettera ai Corinti 1 14, 34 – 35.
- La donna ascolti l’istruzione in silenzio, con piena sottomissione. Non è permesso alla donna di insegnare né di dettar legge all’uomo, ma se ne stia in pace. Prima Lettera a Timoteo (1 2, 9 – 15)
- Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa. San Paolo, Efesini 5,22-23a.
- Per Tertulliano, a causa della narrazione biblica “mela e serpente”, la donna avrebbe dovuto semplicemente comportarsi “come una Eva afflitta e in penitenza”.
- E già nell’Aiace, Sofocle scrisse: “O donne! Il silenzio per le donne un ornamento”
Inoltre, non va dimenticato che in Europa, sesso equivaleva al demonio: Satana che si fa donna per sedurre l’uomo. Del resto il Cristianesimo è traboccante di fatti drammatici in cui la donna è associata a Satana: serpente (diavolo) – mela – Eva. Ne conseguì che i Tomàs de Torquemada delle varie epoche facevano torturare e mettere al rogo, in quanto streghe, le donne colpevoli di averli sensualmente turbati.
Inoltre, i Vati, preposti alla definizione della bellezza perfetta che ne hanno stabilito i codici e i canoni, erano maschi, signori e padroni delle loro donne. Parliamo di tempi in cui si discuteva se donne e Neri, considerati inferiori, potessero avere un’anima; tempi in cui erano gli uomini a stabilire le regole della società, distinguendo ciò che è lecito da ciò che non lo è, e a descrivere l’ideale femminino concepito in funzione delle loro preferenze marcatamente maschilistiche e patriarcali. Non a caso, un antico proverbio veneto recita: «Che la piasa, che la tasa, che la staga a casa», (che piaccia, che taccia, che rimanga in casa). La moglie perfetta doveva essere fisicamente attraente, tenere la bocca chiusa per non intromettersi nelle cose dei mariti e non andarsene in giro rischiando di incontrare altri uomini. Prerogative queste facilmente decodificabili dalla descrizione della sede della sensualità: la bocca, rossa come il bocciolo di una rosa, perché rosso è il colore che evoca pulsioni sessuali [2], ma anche piccole e graziose, perché ancora adolescenziali. Cioè prerogativa di una donna non ancora pienamente consapevole del proprio corpo e della propria sessualità. Fatto che evoca il ricordo delle camice da notte provviste di un’apertura all’altezza dei genitali intorno alla quale una scritta ricamata ricordava che: non lo faccio per amor mio ma per dare figli a Dio. Il tutto, nel totale rispetto delle prescrizioni cattoliche che consentono il rapporto sessuale unicamente con lo scopo di procreare, negando (a differenza della religione islamica, ad esempio, che considera un dono di Dio il piacere all’interno del talamo nuziale), qualsiasi coinvolgimento dei sensi.
Questa moglie idealizzata, casta e inconsapevole della prioria fisicità, ma oggetto di proprietà del marito (in alcune parti d’Europa la moglie veniva “prestata” per saldare dei debiti), sta all’origine della figura tradizionale della sposa, eburnea e verginale, ancora oggi apprezzata dai più. Verginità come vessillo da esibire con vanto e orgoglio.
Lo strascico degli insegnamenti dei Testi sacri e dei padri della Chiesa, ha influito negativamente sulla figura femminile favorendone la discriminazion;, un problema sociale ancora oggi non risolto.
Il “delitto d’onore” e il “matrimonio riparatore” in vigore dal Fascismo, sono stati abrogati solo nel1981. Questa norma consentiva al soggetto che aveva rubato l’onore (ovvero la verginità) ad una donna (perlopiù stuprandola), nella maggior parte dei casi era anche minorenne, di salvare l’onore sposandola. Perciò l’unica possibilità per la donna stuprata (colpevole di essersi lasciata violare) per salvare la propria reputazione era sposare lo stupratore come chiaramente prescrive la Bibbia nel Deuteronomio, 22.28: «Se un uomo trova una fanciulla vergine che non sia fidanzata, l’afferra e pecca con lei * e se sono colti in flagrante, l’uomo che ha peccato con lei darà al padre della fanciulla cinquanta sicli d’argento: essa sarà sua moglie, per il fatto che egli l’ha disonorata e non potrà ripudiarla per tutto il tempo della sua vita.»
Il nostro Codice civile, prevedeva anche il delitto d’onore (Articolo 587 Codice Penale del 1930), cioè un delitto commesso per difendere il proprio onore o quello della famiglia infangato da una relazione illegittima da parte di moglie, figlia o sorella. Questo reato prevedeva una consistente riduzione della pena fino a una manciata di anni. Tale articolo non prevedeva la stessa pena al marito macchiatosi della stessa colpa. Dopo 50anni, il delitto d’onore è stato abrogato, come abbiamo detto, solamente nel 1981.
Inoltre:
1930: in Italia Mussolini sconsiglia la ginnastica femminile nelle scuole.
1946: in Italia per la prima volta le donne hanno diritto di voto.
1970: nonostante l’opposizione della Democrazia Cristiana, viene approvata la legge sul divorzio.
1971: in Svizzera un Referendum popolare approva la concessione del diritto di voto alle donne.
1971: abrogato il divieto della pillola anticoncezionale.
1996: con una nuova legge, lo Stupro diventa un reato contro la persona e non più un’offesa alla pubblica morale.
1999: le donne hanno accesso alle forze armate.
2009: viene introdotto il reato di stalking,
E ancora, negli anni ’60 le presentartici della TV coprivano le spalle con una mantellina perché troppo osé. I costumisti dovevano censurare le gemelle Kessler perché ballavano a gambe scoperte facendo loro indossare delle lunghe calze nere e coprenti. I magistrati intraprendevano azioni legali contro le donne che accavallavano le gambe nei bar. La cantante Mina fu punita e messa in “quarantena” dalla RAI per aver avuto un figlio con Corrado Pani, un uomo sposato; Mina non nascose la dolce attesa ma “sfacciatamente” la mostrò a tutti, anticipando di ben tre anni la ribellione di Franca Viola, passata alla storia per essere stata la prima donna a rifiutare il matrimonio riparatore con l’uomo che l’aveva stuprata.
Cose di un tempo? Forse, resta che il problema di fondo, quello del “Maschio littorio” per intenderci, l’uomo che non deve chieder mai, quello dalle prestazioni sessuali inarrivabili e dal membro smisurato e sempre “pronto”, non è ancora del tutto risolto e qua e là emerge nella sua incontrollabile nefandezza.
Nell’agosto del 2023 il tribunale di Firenze ha assolto due ragazzi che hanno violentato una ragazza perché: “non avevano capito bene che la ragazza aveva detto di no”. Di più: Andrea Gianbruno ex compagni di Giorgia Meloni, a proposito degli stupri ha sentenziato: “se eviti di ubriacarti non trovi il lupo”. Quindi, a suo parere, il lupo appena ne ha l’occasione, per esempio se sei ubriaca, ha pieno diritto a stuprarti.
Di fatto, lo stupro è un rituale di potere tra maschi che non sono poveri malati, bensì il prodotto di questa cultura perché, a tutt’oggi, in Italia, il problema della violenza sulle donne sembra interessare pochissimo. Lo testimonia il fatto che il 22 novembre 1921, quando Elena Bonetti ministra delle pari opportunità, parlò alla Camera nel giorno in cui si discusse la mozione contro la violenza sulle donne erano presenti in aula solamente 8 deputati su 630.
Il 25 novembre era stato scelto come giornata simbolo della battaglia contro il femminicidio e le forme di violenza, fisica, psicologica, verbale, economica nei confronti delle donne. La ministra ha tenuto un discorso importante, ma quasi nessuno ha ritenuto presenziare. Ricordiamo che IN ITALIA VIENE UCCISA UNA DONNA OGNI 3 GIORNI e MEZZO e la civile e industrializzata Lombardia supera di gran lunga tutte le altre regioni italiane come numero di femminicidi (Sole 24 ore). Ma dall’intolleranza e la discriminazione non ne usciamo.
Forse hanno ragione Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la medicina e Alexandra Ocasio-Cortez (la donna più giovane eletta alla carica parlamentare nella storia americana). La scienziata ha dichiarato che:“Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la lorointelligenza; la Cortez: “Criticano le donne perché sono troppo esuberanti, troppo miti, troppo intelligenti, troppo belle per essere intelligenti. Lo fanno per sminuirle perché rinuncino a prendere parola. E questo vale anche per chiunque sfidi il potere.”Infatti, i primi viaggi spaziali sono stati possibili grazie all’eccezionale intelligenza di tre donne scienziate afro-americane che hanno rivoluzionato gli studi alla NASA: Katherine Johnson, Dorothy Vaughn e Mary Jackson.
Ancora oggi, nonostante sia sulla bocca di tutto il tema di intolleranza e discriminazione, il razzismo sopravvive celato tra le spire delle migliori intenzioni, perché come saggiamente ricorda il genetista Guido Barbujani: “L’idea della suddivisione razziale umana è stata con noi fin dall’inizio della scienza; non può svanire in cinque minuti”.
L’origine del razzismo e delle parole intolleranza e discriminazione
Quando nel 1950 l’Unesco ha voluto chiudere il dibattito ufficiale sull’esistenza o meno di categorie (cioè razze) umane, il riferimento non è andato solo alla politica nazista, ma ha avuto un raggio ben più ampio, riportando la memoria al determinismo genetico del Settecento. Secondo questa teoria, ormai screditata, le azioni di un essere umano sarebbero riconducibili e/o determinate dal suo corredo genetico. Nell’epoca razionalista tra il Settecento e l’Ottocento si tentarono possibili classificazioni scientifiche degli esseri umani. Il primo a farlo fu probabilmente lo svedese Linneo (1707-1778): nel saggio del 1758 Systema Naturaedistinse gli uomini in europei (belli, muscolosi e “governati dalle leggi”), americani pellerossa (fondamentalmente collerici), asiatici (di pelle gialla e “malinconici”) e africani (neri, deboli e lenti). L’americano padre fondatore degli USA Benjamin Rush (1745-1813) portò avanti la teoria secondo la quale tutti gli uomini in origine fossero bianchi, discendendo da Adamo ed Eva, e che i neri soffrissero di una strana malattia, il negroidismo, responsabile della loro pelle e punto di partenza per la ricerca di somiglianze con le scimmie, di uguale provenienza africana. Una delle prove a sostegno di queste idee furono le donne ottentotte (provenienti da una particolare tribù dell’Africa sudoccidentale) esibite per il mondo nei Freak Show da curiosi quanto ignoranti business-men americani. Cercando di legittimare con intolleranza e discriminazione l’inferiorità attribuita ai “diversi” si praticarono teorie strampalate, come quella della misurazione del rapporto tra le lunghezze dell’avambraccio e del braccio, della distanza tra pene e ombelico, fino ad arrivare alla parte del corpo più interessante e misteriosa: la testa.
Guarda caso, il risultato ottenuto dopo migliaia di misurazioni craniche gli anglosassoni e i teutoni poterono vantare di possedere in assoluto il cervello più grande, mentre i neri africani furono relegati, senza troppe spiegazioni, nelle ultime posizioni. I tentativi di dividere gli uomini in base a caratteri morfologici permisero di intraprendere studi genetici per rafforzare ulteriormente le posizioni estremiste. L’antropologo e climatologo Francis Galton (1822-1911), cugino di Charles Darwin, nel 1883 coniò il termine eugenetica per una metodologia di studi ed esperimenti volti al perfezionamento della specie umana operando una selezione artificiale dei caratteri ritenuti positivi (cioè eugenici). Così nel 1910 a New York venne fondato il centro di studi di eugenetica, col compito di controllare lo sviluppo del “cittadino migliore”, un puro modello americano. Naturalmente un principio simile fu alla base della teoria della razza ariana di Hitler. Anche Mussolini non fu da meno: checché se ne dica, il Fascismo è stato fortemente razzista: l’antropologo Guido Landra (1913-1980) divenne responsabile della “Demorazza” e su incarico di Mussolini diffuse (con ampio consenso) il Manifesto degli scienziati razzisti, scritto e firmato da non raramente prezzolate personalità di prestigio della scienza italiana dell’epoca [3].
Cosa serve al Razzismo?
Il razzismo è uno strumento del potere sull’intolleranza e la discriminazione utilizzato per mantenere lo status quo, garantirsi o acquisire dei privilegi, che si esprime attraverso forme di intolleranza e discriminazione. Per essere efficace è indispensabile che:
- Tutto rientri nelle norme stabilite.
- Per Tutto sia controllabile e sotto controllo.
- Per ottenere ciò, si semplifichi, si cataloghi e soprattutto si stabilisca cos’è lecito (e quindi buono per chi detiene il potere), eliminando il più possibile le varianti.
- Vengano eliminati dalla società, perché ritenuti dannosi in quanto costituiscono le varianti, di cui sopra: handicappati, zingari, omosessuali, soggetti ritenuti non ariani (in particolare i Neri), non cristiani (in particolare Ebrei e Musulmani).
Gli strumenti utilizzati come intolleranza e discriminazione vanno dalla marginalizzazione, alla privazione dei diritti, alla disumanizzazione, all’esclusione, alla soppressione attraverso genocidi o eccidi di massa.
La suddivisione in categorie umane
L’uomo è antropocentrico nel DNA. Gli Egizi si definivano “remetw” ovvero “gli Uomini” (leggi “gli uomini per eccellenza, i veri esseri umani). E così quasi tutti gli altri popoli in Africa, in Asia e nelle Americhe. In alternativa c’erano i Greci che si consideravano in assoluto i più evoluti e civili, e barbari tutti gli altri.
Il razzismo equivale ad intolleranza e discriminazione applicata con modalità e motivazioni diverse, sempre con implicazioni di tipo politico e soprattutto economico anche se non raramente vengono camuffate da motivazioni etiche, ipocritamente filantropiche, scientifiche o addirittura, escatologiche.
Fin dai tempi più antichi ci si è serviti del razzismo, inteso come intolleranza e discriminazione, per limitare l’accesso al potere (economico e politico) a un numero più limitato possibile di persone, mettendo in atto suddivisioni in caste, ceti sociali, etnie e razze. Le classi più elevate venivano nobilitate attraverso la divinizzazione di regnanti ed eroi, suddividendo la popolazione in aventi e non aventi diritti, in base al genere, all’appartenenza etnica, religiosa, razziale, geografica o altro.
Questa operazione di pianificazione etnica veniva messa in atto adducendo motivazioni “incontrovertibili” attraverso miti e propaganda creati ad hoc: volere divino, forme di divinizzazione, discendenza mitologica, nascita segnata da eventi naturali che indicano il favore degli dei; diritto di sangue.
In breve si afferma che:
- In politica: noi i migliori; gli altri, incivili, selvaggi, feccia.
- Nella religione: noi deteniamo la Verità; gli altri: eretici, infedeli, pagani, miscredenti, ecc.
- Nella scienza (finta): vi sono razze superiori e inferiori; quelle superiori hanno più diritti. (per decreto divino) di dominare sulle altre.
- Nei diritti elitari e di ceto: acquisibili per discendenza matri o patrilineare.
Per ridurre il più possibile il numero degli aventi potenzialmente accesso al potere e a manovrare l’economia e per ridurre la suddivisione di beni e benefici, furono escogitate diverse strategie alcune delle quali portarono gli africani a pensare che la pelle chiara corrispondesse a uno status migliore e più elevato. Ma anche altri fattori favorirono la diffusione dell’idea che essere chiari fosse più vantaggioso.
Esempio n 1 “Neri di serie A e neri di serie B”
William Lynch[4] applicò alla lettera l’antica strategia del divide et impera che fece grande l’Impero Romano: se vuoi dominare un popolo crea divisioni interne e avrai facilmente il sopravvento. In un discorso pubblico (USA 1712), Lynch descrisse il suo metodo per controllare gli schiavi ed evitare che si ribellassero. Sulla base del colore della pelle, favoriva gli schiavi più chiari a scapito degli scuri. Negli Stati Uniti del Sud, quelli più scuri, venivano impiegati nel faticoso lavoro delle piantagioni e quelli più chiari come domestici, fruendo di cibo, alloggi, e abiti migliori: Lynch sapeva che così, divisi e contrapposti sarebbero stati occupati a litigare tra loro e non si sarebbero coalizzati contro i loro padroni.
Esempio n 2 la “One drop rule”
Negli States, la società bianca e razzista aveva interesse a mantenere il potere economico e politico all’interno di un gruppo piuttosto ristretto e, per quanto possibile, oligarchico. Per questo motivo risultava strategicamente vantaggioso escludere dalla società dei privilegiati il maggior numero di persone possibile. Ecco che, in piena discriminazione, venne in soccorso la famosa “one drop rule” (regola secondo la quale bastava una goccia di sangue africano per essere considerato Nero), applicata negli Stati americani con criteri diversi, includendo comunque nella classificazione di Nero, persone che avevano antenati lontani e che, visivamente non portavano in sé alcuna traccia africana. Essendo in atto la discriminazione sociale legalizzata, venivano privati di diritti sociali la maggior parte degli americani. Il fenomeno fu così diffuso da originare il fenomeno “pass as a white”, passare per Bianco. Infatti, nonostante sia trascorso molto tempo da allora, ancora oggi Obama viene indicato come il primo presidente nero degli Stati Uniti, sebbene sia a tutti gli effetti un meticcio: 50% Bianco e 50%, Nero. Quindi negli USA, per essere considerati “Neri” bastava una minima ascendenza africana (one drop), anche così “diluita” da renderne irriconoscibile la presenza.
Questa regola venne adottata all’inizio del XX secolo e in generale accettata sia dai Neri (che comunque non avrebbero avuto altra scelta), sia dai Bianchi: giudici, funzionari e, ovviamente, esponenti del Ku Klux Klan.
Esempio n 3 la “Brown paper bag”.
Tra il 1900 e il 1950 nei quartieri neri delle grandi città americane, veniva applicato il metodo detto: Brown Paper Bag (sacchetto di carta marrone). Esso consisteva nell’escludere i Neri più scuri, confrontando la loro pelle col colore (nocciola) del sacchetto: quelli più chiari, perlopiù di origine caraibica, avevano libero accesso ai locali pubblici, alle chiese e ad altri luoghi di aggregazione; gli altri, no. Un perfetto quadretto dell’intolleranza e della discriminazione.
L’invenzione delle razze e il Razzismo scientifico
La fine dell’800 e buona parte del ‘900 furono dominate dal “Razzismo scientifico” che cercava di incasellare tutte le cose secondo un criterio, portato dello studio delle Scienze Naturali, che soddisfacesse la conoscenza scientifica di quei tempi e non contrastasse minimamente con le descrizioni bibliche.
Sebbene già verso gli anni ’70 gli studi antropologici si discostassero dalle teorie di Carleton Coon che utilizzava presunte gerarchie di inferiorità e superiorità di razza per catalogare il genere umano, il pensiero di alcuni sedicenti esperti di studi africani ne era ancora influenzato [5], Negli States il testo di Coon venne accolto con riconoscenza, dai teorici dell’Apartheid come George Wesley e Carlton Putnam che lo utilizzarono per sostenere che ai Neri americani, essendo meno evoluti, non possono essere riconosciuti gli stessi diritti dei Bianchi. Wesley e Putnam lottavano contro il forte movimento per la desegregazione razziale nato negli anni sessanta in America, che suscitò dure e spesso violente opposizioni, specie negli stati del Sud. Negli anni ’70 David Duke, dopo aver indossato per lungo tempo come abito abituale un’uniforme nazista con tanto di svastica, cercherà di modernizzare il Klu Klux Klan appoggiandosi alle teorie di Coon che gli forniscono le basi “scientifiche legittime” per la discriminazione razziale. Così commenta Guido Barbujani un brano di Coon: Ecco un bell’esempio della prosa di Duken nella quale la parola genotipo, che vuol dire il complesso dei geni, viene usata a casaccio per stigmatizzare i comportamenti attribuiti alle comunità afroamericane: ”Separati dall’influenza della cultura bianca, (i neri) sono rapidamente tornati al loro genotitpo, sempre più caratteristico delle società nere di tutto il mondo. I maschi esibiscono un’esagerata aggressività sessuale e promiscuità, che ha portato alla dissoluzione della famiglia nera in America” [6].
Nel volume Hamitic Hypothesis, Coon, sostiene che in Africa, i progressi e gli sviluppi culturali più significativi furono possibili grazie all’invasione di misteriosi popoli caucasoidi.
La conclusione di John Speke sulle regioni che esplorò, fu quella che tutti gli Europei si aspettavano, compresi i finanziatori della sua spedizione esplorativa: “Insomma, l’Africano non è in grado di uscire dall’inferiorità in cui vive. (…) mai si risolleverà senza che un popolo europeo non gli doni la tutela di un governo simile a quello che l’Inghilterra ha stabilito nelle Indie.” [7].
Per l’Egitto antico, poi, si ricorse alla Dinastic Race Theory, la quale affermava che all’origine del regno faraonico vi fu una grande migrazione di popoli caucasoidi. Sempre secondo la Dinastic Race Theory le tribù nere presenti sul territorio, non furono in grado di costruire un regno di tale portata.
Nel XIX secolo, come applicazione del Razzismo Scientifico, la “razza hamitica” divenne un sottogruppo della razza caucasica che, con la razza semitica, raggruppava le popolazioni originarie del Nord Africa non-semitiche, del Corno d’Africa e Sud Arabia, tra cui gli antichi Egizi. Come abbiamo visto, la teoria hamitica proponeva quella hamita come razza superiore o più avanzata rispetto alle popolazioni negroidi dell’Africa sub-sahariana. Nella sua forma più estrema di intolleranza e discriminazione, nei suoi scritti Charles Gabriel Seligman [8] affermava con vigore che tutti i progressi significativi nella storia africana erano opera di pastori hamiti che migrarono in Africa centrale, portando tecnologie ed abilità civilizzatrici.
A metà ottocento, Joseph Arthur de Gobineau [9] nel suo Essai sur l’inégalité des races humaines, sostiene che, anticamente, vi sia stata una diffusione della razza bianca nel continente africano, cosa che avrebbe dato origine a civiltà evolute che si sarebbero in seguito mescolate con i Neri.
L’invenzione della razza hamita: sulla scia dei temi dell’intolleranza e della discriminazione
Per parecchio tempo i Neri furono discriminati e considerati incapaci e inferiori fino a quando, con la spedizione in Egitto di Napoleone Bonaparte (1798), si scoprì che gli Africani avevano prodotto una grande civiltà, cosa in netto contrasto con le affermazioni precedenti. Gli imponenti ritrovamenti suscitarono un vivo dibattito scientifico sull’origine e il livello di civiltà raggiunto dagli Egiziani nonché gli eventuali loro contatti con altre popolazioni del Continente. Gli scienziati di Napoleone concordarono sul fatto che l’inizio della civilizzazione si poteva collocare in Egitto, prima dell’epoca greca e romana. La teoria Camita cominciò a scricchiolare: com’era possibile che degli inetti avessero dato vita ad una civiltà di tale livello? Gli esegeti si misero al lavoro e, riesaminando la Bibbia trovarono la risposta che metteva d’accordo scienza e religione.[10] Il libro della Genesi narra che: “dopo il diluvio universale, Noè uscì dall’arca coi tre figli Sem, Jafet, Cam e suo figlio Canaan popolando, in seguito, tutta la terra. Un giorno, Noè, si ubriacò e si addormentò scoperto all’interno della sua tenda. Cam, lo vide e raccontò la cosa ai due fratelli. Allora Sem e Jafet proteggendosi la vista con un mantello e camminando a ritroso, coprirono il padre senza vedere le sue nudità. Quando Noè si svegliò, informato dell’accaduto sentenziò: “Sia maledetto Canaan! Schiavo degli schiavi sarà per i suoi fratelli!”. Disse poi: “Benedetto il Signore, Dio di Sem, Canaan sia suo schiavo! Dio dilati Jafet e questi dimori nelle tende di Sem, Canaan sia suo schiavo!” [11] A modo di vedere degli scienziati dell’epoca, gli altri figlinon essendo stati maledetti, avrebbero potuto produrre civiltà e per quanto riguardava gli africani più evoluti, inventarono una nuova categoria umana: gli hamiti, detti anche finti negri; cioè, persone che nell’aspetto e nel colore ricordavano gli Africani neri ma che “dentro” erano bianchi. Quindi gli Egizi definiti come “non negri” vennero visti come parenti dei bianchi europei e, col termine Hamita, tutti gli studiosi cercheranno di creare una linea di demarcazione tra gli Africani prossimi al ceppo europeo e i “veri Negri”.
In seguito, anche le notizie dei visitatori che si avventuravano verso il Niger e l’Alto Nilo e riferivano di popolazioni che non avevano nulla a che fare con l’immagine dell’Africano inetto e limitato, complicarono ancora di più le cose. Fu anche, l’innegabile abilità di alcuni popoli e, non secondariamente, il loro aspetto elegante, diverso dagli altri Neri, un fatto al quale gli Occidentali non sapevano dare una risposta “scientifica” che non fosse in contrasto con i testi biblici e senza dimenticare che a metà ‘800, la classificazione razziale aveva già mostrato tutta la sua debolezza in quanto il numero delle razze era aumentato vertiginosamente (più di 200) e nessuno era in grado di affermare con certezza quante e quali fossero perché i loro confini erano sempre più ingarbugliati[12]. La soluzione al conflitto tra realtà dei fatti e immaginazione venne facilmente trovata sacrificando la prima. In altre parole, se i “Negri” congenitamente inadatti alla creazione di civiltà avevano elaborato tali società, significava che, contrariamente alle apparenze, non erano “Negri” a tutti gli effetti. Così senza farsi troppi scrupoli, venne ripreso il mito camitico, che adempì efficacemente allo sforzo di persuadere gli intellettuali europei e le élite africane circa la suddivisione in due categorie degli abitanti della regione dei Grandi Laghi: la prima, quella dei “Negri autentici”, autoctoni, depositari dei più classici e diffusi pregiudizi europei e l’altra, quella dei “falsi Negri”, civilizzatori d’origine straniera, altresì conosciuti come “Negri originariamente bianchi” di origine asiatica. In questo modo, l’eredità delle Scienze Naturali del XVIII che imponeva di classificare e di mettere etichette, sempre e comunque, venne soddisfatta.
Ecco che i vari autori cominciarono a vedere nei Fang[13] una componente germanica, negli Zulu[14]i discendenti dei Sumeri, nei Peul[15] dei Judeo-Siriani dell’antichità, nei Galla etiopici i discendenti di un’incursione del Galli, nel Grande Zimbabwe una residenza fenicia, nella statuaria nigeriana di Ife chiari segni di scuola ellenica e nei Tutsi la provenienza etiope o addirittura faraonica (quindi bianca) o addirittura atlantidea.[16]
Non bisogna dimenticare che, dietro ogni affermazione circa l’arianità o alla non-negritudine di un popolo, si decretava implicitamente e automaticamente l’appartenenza di fatto a una razza superiore e al suo “naturale” diritto al comando e alla supremazia su quelle ritenute inferiori, in linea con l’intolleranza e la discriminazione come la intendiamo oggi.
Denigrare i Neri
Quando gli Europei andarono in Africa, si scontrarono con culture radicalmente diverse che risultarono in buona parte incomprensibili. Gli Africani poi, erano “colpevoli” di essere troppo diversi nei costumi e soprattutto nell’aspetto: un mondo che per secoli celebrò ininterrottamente la cipria 3) e la cerussa 4) per sbiancare pelle e capelli, non era in grado di “vedere” all’interno della nerezza delle pelli africane.
Ben presto, attraverso una serie di meccanismi, venne trovata una risposta a questa diversità catalogandoli come altra razza, diversa e inferiore. Già nel XVII secolo, denigrando l’aspetto dei Neri, Winckelmann 5) dice sugli antichi Egizi che all’epoca, l’Egitto non era ancora stato sbiancato: “Come si può trovare anche un barlume di bellezza nelle loro figure, quando tutti o quasi tutti gli originali cui esse (le raffigurazioni egizie, N.d.A) si ispiravano alle forme degli Africani? Ossia avevano come loro stessi, labbra tumide, menti piccoli e sfuggenti, profili appiattiti e incavati (…) avevano spesso nasi piatti e carnagione scura…”
L’immagine dell’Africano quale “essere degenerato” rimase persistente per tutto il Medioevo e fu accettata in modo quasi assoluto fino al 1600.[17] Solo durante l’illuminismo con le teorie monogeniste e poligeniste, queste ipotesi furono messe in discussione.
Molti uomini di pensiero descrivevano l’origine del “Negro” secondo due teorie diverse: per la Teoria monogenista era il risultato della degenerazione dovuta alla condizione ambientale, tentando così di spiegarne le caratteristiche fisiche attraverso la natura. Per la Teoria poligenista era semplicemente una creatura a sé e subumana.[18]
Durante l’Illuminismo, molti scienziati e studiosi contribuirono a diffondere la teoria delle razze facendola diventare una “realtà scientifica” indispensabile per motivare l’arretratezza dell’Africa e la “giusta” supremazia della razza bianca su quella nera in perfetta linea con le Sacre scritture e con i temi dell’intolleranza e della discriminazione di oggi. Nel 1761 il naturalista J.B. Robinet creò una scala razziale dove il Negro è posto in una posizione di poco superiore all’animale, e l’Europeo, ovviamente, sta in testa all’evoluzione; si frappongono l’Ottentotto, già pienamente umano ma ancora stupido e ineducabile, il Lappone, l’Asiatico, il Tartaro, il Cinese, l’Indiano e il Persiano. Il naturalista Petrus Camper (1722-1789) mise a punto una “Scienza della razza” basata sulla rivelazione oggettiva dell’angolo facciale, cioè l’inclinazione del profilo.[19] Anche in questo caso si passa gradualmente dai 40° di una scimmia con la coda ai 58 di un Orang-outang, ai 70° di un africano nero, agli 80-90° di un Europeo, fino ai 100° del tipo greco, modello perfetto e definitivo di Essere umano. Secondo questa teoria, la “percentuale” di umanità sarebbe matematicamente precisabile: dai 100° dell’uomo ellenico al gruppo che sta al di sotto dei 70°, e cioè la scimmia, il cane e altri animali, fino all’ l’uccello, il cui angolo facciale è quasi uguale a zero.[20] Altri si accodarono a questa nuova scienza”: Charles White (1795) illustra, secondo l’inclinazione dell’angolo facciale, la continuità fra la scimmia e l’uomo civilizzato e nel 1799, pubblica su questo tema il testo di una conferenza tenuta presso la Società letteraria e filosofica di Manchester, An Account of the Regular Gradation of Man, and in Different Animals and Vegetables; il naturalista Johann Kaspar Lavater (1741 – 1801) sostenne un legame diretto fra l’uomo e la rana, ancora una volta misurabile attraverso l’inclinazione del profilo.
Ovviamente questo modo di classificare le tipologie umane non ha alcun fondamento scientifico. Infatti, se è vero che il profilo prognato è caratteristica di alcuni Neri sub-sahariani, è altrettanto vero che il profilo diritto non garantisce alcuna caucasicità.
Tuttavia, queste teorie favorirono l’dea che l’Africano fosse una sorta di distrazione della natura e, con l’appoggio delle Sacre Scritture, poteva essere trattato come tale senza commettere nessun peccato. Per tutto l’800 e buona parte del ‘900 il razzismo fu un’espressione della scienza; nacque così il “Razzismo scientifico”.
Il “Saggio sulla disuguaglianza delle razze umane” di Joseph A. Gobineau[21], tutt’oggi considerato uno dei primi esempi di Razzismo scientifico, contribuì in modo rilevante alla diffusione delle teorie hamitiche. In breve, Gobineau sostiene l’esistenza di differenze inconciliabili tra le razze umane, che la civiltà decade quando le “razze” si mescolano e che quella Europoide caucasica (l’uomo bianco) è superiore alle altre. Esse ebbero facile ed ampia diffusione negli Stati Uniti e paesi di lingua tedesca e in modo più contenuto in Francia. Lo storico tedesco Joachim Fest, autore della biografia di Hitler, scrive: “Significativamente Hitler semplifica l’elaborata dottrina di Gobineau fino a diventare demagogicamente utilizzabile e così offrire una serie di spiegazioni plausibili per tutti i malcontenti, le ansie e le crisi della scena contemporanea.[22]
Per denigrare la figura dell’africano, attraverso l’intolleranza e la discriminazione, giustificando così il sopruso coloniale, furono diffuse anche caricature dai tratti fortemente irriverenti, molto note all’epoca, vendute anche nei negozi di tabacchi. Queste illustrazioni, perlopiù pubblicitarie, lo raffiguravano sempre come l’antitesi dell’ideale estetico greco-ariano della statuaria greca, elevata a assoluto modello di perfezione. Spesso erano pubblicità di saponi dove ne veniva esaltata la proprietà detergente sbiancando un africano e veicolando così l’idea che la sua pelle fosse scura perché sporca. Non di secondaria importanza furono i metodi per disumanizzarli e favorirne una visione di tipo animalesco. Per parecchio tempo in Occidente denigrazione e dileggio andarono di pari passo alla discriminazione razziale. Uomini e donne deportate a forza venivano esibite negli zoo e nei circhi. Per esempio, la didascalia una cartolina che ritrae un’africana con in braccio una scimmietta, recita: “Zizi et sa mére” dove la madre dello scimpanzè è l’africana; oppure il pigmeo congolese Ota Benga[23] esposto con tanto di arco e frecce a New York nella gabbia delle scimmie. Gli Africani, rinchiusi in gabbie, spesso vestiti da selvaggi dovevano emettere urla belluine e mangiare carne cruda per attirare l’attenzione del pubblico. L’elenco sarebbe lunghissimo.
Le strategie diffamatorie per disumanizzare i Neri africani attinsero a tutto ciò che poteva risultare utile a sostenere le teorie razziste: credenze popolari, storia e religione, entrambe, opportunamente riadattate a proprio uso e consumo: John Locke legiferatore sull’istituzione della schiavitù nella colonia americana della California, nella Costituzione fondamentale della Carolina, afferma: “Il brasiliano (nero) è un animale che non ha ancora raggiunto la maturazione della propria specie.”
Non da meno è stato Voltaire il quale affermava: “Sospetto i negri e in generale le altre specie umane di essere naturalmente inferiori alla razza bianca. Non vi sono mai state nazioni civilizzate di un altro colore che il colore bianco. Né individuo celebre per le sue azioni o per la sua capacità di riflessione.”
Tirando le somme:
– Maledizione di Dio sul popolo nero (Sem, Cam, Canaan) +
– Mancanza di civiltà (l’Africa non ha prodotto civiltà) +
– Mancanza di storia (l’Africa non ha una vera storia come l’Europa) +
– Probabilmente senza anima come le donne (secondo le disquisizioni dei sapienti medioevali) +
– Non cristiani: pagani o di altre religioni =
Non è poi così grave schiavizzare esseri inferiori più simili ad animali che a esseri umani.
[1] Testo di: Edward O. Wilson, Organizzazione delle nazioni unite per l’educazione, la scienza e la cultura – Harvard Johann Friedrich Blumenbach
[2] Secondo L’antropologo Desmond Morris (zoologo ed etologo inglese divenuto mondialmente noto grazie alla sua pubblicazione La scimmia nuda (1967),), durante l’amplesso, il maggiore afflusso di sangue rende la bocca più turgida e rossa. E per questo, consideriamo più attraente e sensuale una bocca carnosa e ben colorita; da qui, l’uso del rossetto.
[3] Tratto da Intrecci storici vol 1 di Gentile, Ronga, Rossi; Editrice La Scuola 2014. http://www.ecrimen.com/il-razzismo-e-contro-natura
[4] Alcuni asseriscono che non fu Lynch ad applicare questo metodo. Resta comunque un sistema molto efficace per creare tensione e contrapposizioni tra due gruppi di persone differenziate morfologicamente.
[5] Carleton Stevens Coon (1904 –1981) etnologo e antropologo statunitense. Studiò egittologia ad Harvard e iniziò ad applicare le teorie darwiniane della selezione naturale per spiegare le differenti caratteristiche fisiche delle razze. Fu l’autore dell’ipotesi multigenica, pubblicata in The Origin of Races, la quale sostiene che l’Homo sapiens si sia evoluto dall’Homo erectus (già diviso in cinque razze geografiche o sottospecie) passando attraverso il Neandertal, fino all’Homo sapiens non una sola volta, ma cinque volte in ogni propria area geografica. Apparentemente simile alla ipotesi multiregionale, se ne differenzia sostenendo l’inesistenza di qualunque scambio genico in parallelo tra le quattro popolazioni. Coon sostenne che gli africani sarebbero stati 200.000 anni indietro nell’evoluzione.
[6] – L’invenzione delle razze di Guido Barbujani (prof di genetica univ Ferrara) Saggi tascabili editore, Bompiani, 2008. Pagg 101 – 102.
[7] 8- J. H. Shelke: Les source du Nil trad Paris, 1865, p.76.
[8] Charles Gabriel Seligman: medico e antropologo inglese (1873 -1940), condusse importanti ricerche a Ceylon sui Vedda e in Sudan sugli Scilluk, Nuer e Dinca, interessandosi alla classificazione etnografico-areale di alcune popolazioni africane.
[9] Il conte Joseph Arthur de Gobineau (1816 –1882): diplomatico, scrittore e filosofo francese, è noto per aver scritto Essai sur l’inégalité des races humaines(Saggio sulla diseguaglianza delle razze umane, opera che si annovera tra i testi fondanti del pensiero razzista contemporaneo. Gobineau si rifà a Johann Friedrich Blumenbach con la suddivisione gerarchica delle razze umane in gialla, nera e bianca, ma – diversamente da Blumenbach attribuisce a ciascuna razza determinate caratteristiche innate attraverso le quali vuole sostenere la tesi della superiorità dei Bianchi sui Gialli e sui Neri.
Per Gobineau, la razza gialla è naturalmente portata nel commercio ed è materialista, e non riesce a formulare pensieri metafisici; quella nera ha sensi eccessivamente sviluppati e scarsa capacità intellettiva; quella ariana o bianca è ricca di virtù tipiche degli aristocratici; è amante della libertà, dell’onore e della spiritualità. Essa proviene dall’India e, mescolatasi alle popolazioni europee (che secondo Gobineau erano di razza gialla) diede origine al ceppo teutonico destinato a dominare l’Europa nei secoli successivi. Purtroppo, spiega Gobineau, l’incrocio con le altre razze ne intaccò la nobiltà, inquinando gli Ariani con alcuni dei tratti deteriori delle razze inferiori come l’eccessiva sensualità dei Neri e il materialismo dei Gialli; un processo degenerativo irreversibile.
[10]Michela Fusaschi, Hutu- Tutsi alle radici del genocidio rwandese, Bollati Boringhieri, Torino 2000 p.54
[11] Cfr. Gen 9, 18- 27
[12] Guido Barbujani, Da L’invenzione delle razze, Saggi tascabili editore, Bompiani, 2008, pag 97.
[13] Fang: popolo africano presente in Gabon, Camerun e Guinea Equatoriale.
[14] Zulu: popolo africano appartenente più ampia nazione Ngoni che annovera, oltre gli Zulu, gli Swazi e gli Ndebele dello Zimbabwe. Il loro nome deriva da amazulu, che in zulu significa “gente del cielo”. Il Regno Zulu svolse un ruolo determinante nella storia del Sudafrica nel XIX secolo.
[15] Peul: pastori nomadi o divenuti stanziali che vivono in parecchi paesi dell’Africa Occidentale come Senegal, Mauritania, Gambia, Guinea, Camerun, Guinea-Bissau, Mali, Chad, Benin, Togo, Ghana, Sierra Leone, Nigeria, eccetera. Loro chiamano sé stessi Hallpulaar, i parlanti la lingua pulaar e con il nome di Fulbe (al singolare Pullo), nome che deriva da una parola in lingua fulfulde (pulaar) che significa “nuovo”. Sono noti anche come Fulani, definizione di derivazione anglofona mentre in francese il nome della popolazione è Peul, in Senegal è Peul e Toukouleur, in Gambia è Fula; sono presenti anche in Sudan.
[16] Cfr. Jean Loup Amselle Elikia M’Bokolo, Au coeur de l’ethnie, ethnies, tribarisme et état en Afrique, La Découverte, Paris. p.132.
[17]Michela Fusaschi, Hutu- Tutsi alle radici del genocidio rwandese, Bollati Boringhieri, Torino p. 52
[19] Cfr. Robert Knox, The Races of men, Londra, 1862 p. 404
[20] Ubaldo Nicola, Atlante illustrato di Filosofia, Demetra, Colognola ai Colli(Vr),1999, p.361
[21] Joseph Arthur de Gobineau 1853-1855, diplomatico, scrittore e filosofo francese.
[22] Joachim Clemens Fest (1926 –2006) storico, giornalista e saggista tedesco.
[23] Cfr. https://www.buongiornoafrica.it/la-storia-di-ota-benga/2683 ultimo accesso 18-04-2019.
Se ti stai chiedendo perchè abbiamo condiviso questa ricerca, è perchè i nostri allievi di make-up hanno la possibilità di partecipare durante l’anno a seminari di carattere sociale e culturale tenuti dal maestro Stefano Anselmo, fondatore dell’accademia di trucco a Milano.