MAKE-UP ANNI ’20

Le tecniche e lo stile di trucco adottati dalla seconda metà del primo decennio del XX secolo e gli anni ’20 non differiscono molto. Si evolvono gli abiti e l’acconciatura ma il makeup rimane pressoché immutato. La diffusione del cinematografo, ancora alle prime armi, però, crea le condizioni favorevoli ad un incremento enorme di tutte le professioni complementari alla produzione cinematografica. Fra queste il “truccaggio“, come si dirà per parecchio tempo in Italia, che porterà alla nascita di una figura professionale del tutto nuova: lo specialista del trucco, ovvero il truccatore.

  
Negli anni Venti , il cinema, avendo già raggiunto una certa diffusione, portava alla gente comune  immagini di donne sofisticate e misteriose che subito crearono una moda e divennero modelli da imitare. È interessante sapere che il trucco usato dagli attori altro non era che la risultante di specifiche esigenze imposte dalla qualità della pellicola cinematografica non ancora ottimale.
Inoltre, essendo il cinema muto, il pubblico doveva poter leggere il dramma e le emozioni direttamente dal viso dell’attore, per capire ciò che stava avvenendo sullo schermo. La pellicola, come abbiamo detto, non era di qualità eccezionale e soprattutto non rendeva in maniera perfetta le tonalità del grigio ma piuttosto contrastava l’immagine riproducendo meglio le tonalità vicine al nero e al bianco. Di conseguenza i punti chiave dell’espressione del viso – occhi, sopracciglia e bocca – venivano fatti risaltare con molta evidenza sulla pelle schiarita. 

Le sopracciglia e gli occhi si ripassavano col nero e la bocca la si dipingeva con una tonalità di rosso scuro (non c’era ancora il cinema a colori) che la pellicola riusciva a “leggere” meglio delle altre. Da questa “esigenza tecnica”, la nascita di una moda che durerà più di vent’anni.
A quei tempi il maquillage non era ancora molto evoluto e i truccatori non avevano messo a punto quelle tecniche più sofisticate che solo 10 anni dopo avrebbero consentito di modellare il volto delle attrici con sapienti chiaroscuri. Il trucco risentiva ancora dell’influenza teatrale, soprattutto per quanto riguarda l’accentuazione delle linee del viso: risulta così essere molto spesso pesante ed a volte addirittura grottesco.
I cosmetici sono ancora rudimentail: si usa infatti polvere di amido profumata come cipria e sughero bruciato per annerire gli occhi.

La bocca veniva colorata a forma di cuore all’interno dei contorni naturali che andavano coperti col fondotinta; questo tipo di bocca, dalle dimensioni minime, oggi ci fa sorridere ma all’epoca costituiva una grande attrattiva. 
Le sopracciglia dalla linea discendente conferivano al viso un’espressione un po’ mesta.
L’occhio veniva sapientemente bistrato di scuro, perlopiù nero e blu scuro e il trucco aveva frequentemente un aspetto un po’ disfatto, sfumato ampiamente sulla palpebra inferiore fino a formare una specie di occhiaia, testimonianza del tormento interiore causato da una vita, o difficile o, viceversa, dissoluta.

Foto di Mauro Balletti per gentile concessione WHITE Sposa n 6
Foto di Mauro Balletti per gentile concessione WHITE Sposa n 6

Il cinema dell’epoca infatti ci presenta spesso donne lussuriose e maliarde ai piedi delle quali gli uomini cadono innamorati. 
Molto in tema la canzone: “Vipera, al braccio di colei, che ha distrutto tutti i sogni miei”; questa idea di donna segnata dal proprio destino si riallaccia in un certo senso a quella più antica del romanticismo ottocentesco quando il trucco era cosa solo delle donne di malaffare. Quelle di buona famiglia, le più colte restavano spesso alzate leggendo fino a notte inoltrata per sfoggiare l’indomani un elegante aspetto stanco e un po’ consunto ostentando un certo distacco verso il cibo e la “fisicità” in genere.
Erano gli anni dei “mancamenti”; le signore svenivano perché, strette nei loro busti, i polmoni non venivano ossigenati a sufficienza e la tubercolosi dilagava.
Questa “aria esausta”, un po’ sofferente, rappresentava però un pregio, una prerogativa delle donne alla moda.
A questa idea di sofferenza interiore si sovrappose quella delle sofferenze causate da una vita dissoluta che caratterizzò molti personaggi interpretati dalle grandi star del muto.
Con l’efficientismo, la donna acquistò una nuova coscienza di se stessa e maggiore indipendenza all’interno della società. Questa evoluzione va vista  anche come conseguenza obbligata della prima guerra  mondiale: le donne devono sostituirsi agli uomini, impegnati al fronte e per fare ciò devono abbandonare la moda “estetica”, fatta di inutili orpelli, per adottarne una più funzionale. In altre parole la donna doveva diventare un po’ androgina. Ciò permise grandi innovazioni nella moda: abiti  “a sacco”, tagliati sopra il ginocchio, che lasciavano il corpo libero ed al tempo stesso appiattivano le forme; capelli corti come quelli di un ragazzo, alla garçon; calottine corte; occhio bistrato. Questa era la gioventù che negli anni ’20, danzava al frenetico ritmo del charleston.

In quegli anni la pelle doveva essere ancora una volta rosea e bianca. Le donne quindi dovevano scrupolosamente evitare di esporsi al sole. Le donne “meno coraggiose” pur di sfoggiare  un viso “meravigliosamente sofferente” ricorrevano ad artifici  più naturalistici, almeno nell’effetto. Sugli occhi  stendevano delicatamente con un pennello un decotto concentrato a base di noci, che dava alle palpebre una bella tinta bistrata, creando così un’espressione estremamente languida e più resistente di un cosmetico vero e proprio. Le sopracciglia dovevano essere ingrossate, ma non disegnate. La loro forma ideale era un arco perfetto che incorniciava l’occhio. Le labbra invece, erano gradite di un delicato rosso fragola. Per questo venivano pizzicate , così come le guance, o veniva stimolato l’afflusso di sangue per mezzo di blandi revulsivi.

Parola al Maestro: momento tutorial

Foto di Franco Bottino, tratta dal volume “Diventare esperti di trucco con Stefano Anselmo”

Descrizione del trucco
Dovendo eseguire, in occasione di una serata un trucco ispirato, per esempio, alla moda degli anni Venti, converrà attenuare alcune caratteristiche per evitare un maquillage eccessivo.
Il fondotinta sarà chiaro ma non troppo, sull’occhio verrà applicato un ombretto scuro, sfumandolo dal centro all’esterno in modo centrifugo; le sopracciglia saranno allungate verso le tempie ed un po’ verso il basso. La bocca, una volta coperti i contorni con il fondotinta, verrà ridisegnata leggermente più piccola di quella normale, con contorni tondeggianti che ricordino vagamente la forma a cuore degli anni Venti, senza però esagerare in questo senso. Dovrà essere una “citazione” e non una  ricostruzione storica.
Del resto oggi una bocca così piccola non è più proponibile.
All’epoca il fard veniva applicato senza alcuno scopo correttivo, come invece avviene adesso.
Ci si limitava a porre solamente un po’ di colore al centro della guancia. Non si valutava l’importanza della posa del fard per le guance e gli effetti della valorizzazione o correzione della forma del viso.

Ritengo opportuno quindi comportarci come segue:
se il viso è regolare si potrà sfumare del rosa chiaro al centro della guancia; se invece si preferisce un’applicazione più consueta si userà del marrone naturale ed eventualmente una tonalità più rosata. 

CREDITI

Le foto 1, 2, e 3 sono di Mauro Balletti per gentile concessione WHITE Sposa n 6
La foto n 4 è di Franco Bottino, tratta dal volume “Diventare esperti di trucco con Stefano Anselmo” ALA Editrice Milano.

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