- blogazine
-
by admin
Mina: i make-up iconici del Maestro Stefano Anselmo
Mina Mazzini e la storia dei suoi makeup raccontati in un’intervista a cuore aperto del suo truccatore personale Stefano Anselmo.
Mina oggi è un’icona nazionale della musica italiana, un patrimonio storico motivo d’orgoglio per tutti noi.
In quest’intervista abbiamo voluto fare di più, raccontare Mina Mazzini, la “Tigre di Cremona”, da un altro punto di vista… quello del suo truccatore personale Stefano Anselmo. Un viaggio attraverso una Minaconsapevole del suo potenziale e determinata a lasciare un segno inestimabile non solo con le sue canzoni, ma anche con il make-up.
L’intervista del Maestro Stefano Anselmo: lasciati guidare dalle risposte alle nostre curiosità sull’iconica cantante oggi.
La redazione di ASA ha incontrato il Maestro Stefano Anselmo, fondatore della sua omonima scuola di trucco a Milano.
Gli abbiamo chiesto di parlarci a cuore aperto della nostra musa nazionale, Mina. “La Voce” italiana per eccellenza, invidiata dagli altri e ammirata dai professionisti di tutto il mondo. La lista di chi l’ha supplicata di duettare con lei è lunga: da Liza Minnelli a Luciano Pavarotti a The Voice, Frank Sinatra, che fece il diavolo a quattro per averla nella sua scuderia di artisti.
“La voce bianca più bella del mondo.”
come la definì Louis Armstrong.
In molti ne hanno la massima ammirazione:
Barbara Streisand ha detto:
“Mina è la mia fonte di ispirazione, Liza Minnelli: è la migliore cantante bianca di tutti i tempi.”
Aretha Franklin:
“Mina è il mio punto di arrivo.”
Frank Sinatra:
“È la dea della musica universale.”
Lady Gaga:
“Mina è italiana come me, ma lei è una vera diva; non posso essere paragonata a lei.”
George Michael:
“Mina è la prova che Dio esiste.”
Stefano, alcuni dei suoi lavori sono legati a nomi famosi, soprattutto della musica leggera, prima fra tutte, Mina. Azzardo se dico che le sue copertine sono un qualcosa che rimarrà nella storia della musica leggera?
Non spetta a me dirlo tuttavia, qualche anno fa un direttore creativo di una nota casa discografica, affermò che nessuno al mondo può vantare un numero così alto di cover così innovative come Mina, pur ammettendo che anche copertine di altri artisti: “Homogenic” di Björk o quella metafisica di “Ciao” di Lucio Dalla o l’immagine di “Bulletproof Heart” in cui Grace Jones, appare con i fari della Citroen al posto degli occhi, sono bellissime.
Tuttavia, a differenza di Mina, gli altri artisti non possono vantare un numero così alto di immagini molto forti. Io ho avuto la fortuna di averla tra le mie mani, lavorando con lei per più di quarant’anni e l’onore di contribuire alla creazione di immagini che hanno segnato la storia della discografia.
Parliamo del suo lavoro con Mina: come l’ha conosciuta e com’è cominciata la vostra lunga collaborazione?
Bisogna andare parecchio indietro nel tempo: verso la fine degli anni ’70 Mauro Balletti, già noto a quell’epoca per essere il solo fotografo autorizzato a ritrarre Mina, era alla ricerca di un nuovo truccatore.
Allora io lavoravo da Geneviève, un istituto del centro di Milano. La sorella Lia che lo frequentava, gli parlò di me. A breve ci incontrammo per un primo servizio fotografico, che poi seppi essere stato una sorta di test. Il soggetto da fotografare era l’emergente Delia prodotta, da Red Canzian, bassista dei Pooh. Delia portava sopracciglia letteralmente disboscate da un’impavida depilazione, cosa che evidenziava eccessivamente la sporgenza delle palpebre. Per mitigarne il gonfiore ricostruii sopracciglia completamente nuove e molto più folte, disegnandole a pennello, pelo per pelo e, per rendere il risultato più naturale, aggiunsi anche dei tratti a imitazione dei peli “superflui” che, solitamente contornano le sopracciglia.
Il mio modo di lavorare, così marcatamente pittorico, colpì favorevolmente Mauro che mi scelse come collaboratore abituale. Superata la prova con Delia, il secondo personaggio incontrato attraverso Mauro fu con Mia Martini e subito dopo aver superato anche quest’ultimo esame, fu subito la volta di Mina che stava preparando il suo rientro sulle scene dopo 5 anni di assenza.
Ci può svelare com’è andato il primo incontro con Mina?
Ok: arrivato a casa sua, entro. Poco dopo Mina arriva: “Buongiorno” e mi stringe la mano; una stretta forte e sicura; come piace a me. “Buongiorno, come sta?” le rispondo mantenendo lo sguardo fisso sugli occhi e radiografandola velocissimo dalla testa ai piedi: “sono contento, è come immaginavo. Ha una camicia da notte nera, lunga, zoccoli e capelli raccolti. È senza trucco, sta benissimo forse un po’ pallida ma è normale”, penso.
Aveva già un’idea di come truccarla? E poi, il dover incontrare un personaggio così importante non l’ha emozionata?
Eccome! Un certo giorno telefonarono in Geneviève e mi dissero: “C’è da fare un servizio fotografico a Mina”. “Va bene”, risposi, ostentando la più olimpica indifferenza.
Quando la incontrai rimasi colpito dalla pelle sana e luminosa, e dall’energia che emanava. La truccai come avevo sempre immaginato, senza lasciarmi troppo condizionare dalle tecniche di chi mi aveva preceduto con un’ombreggiatura che sostituisce l’arcata sopraccigliare. Quando ho finito Mina si è alzata ed è andata a specchiarsi in bagno; poi mi ha detto:
“Mi hai cambiato tutto! Sei arrivato tu e mi hai fatto una cosa completamente diversa da quello che avevano fatto gli altri.”
Mina Mazzini.
In realtà non avevo inventato nulla di così straordinario perché era una vita che facevo quel trucco “alla Mina”: il suo viso è sempre stato per me un punto di riferimento, tanto che già nei miei primi disegni da ragazzino facevo facce con nasi “mineschi” e occhi come i suoi privi di sopracciglia. “Disegni sempre la Mina”, mi dicevano.
Ci può parlare della faccia di Mina Mazzini?
Un giorno mi disse: “la mia faccia é un mascherone, vero, Stefano?”.
Il volto di Mina, infatti, é paragonabile a quello di una maschera greca seppur idealizzata. Maschera non intesa come elemento estraneo che, sovrapposto al viso, ne cela l’identità originale. Bensì maschera in una delle sue accezioni più antiche: “volto dai lineamenti accentuati caratterizzato da tratti ben marcati ed eccezionalmente espressivi”.
Sul suo viso, infatti, la presenza degli occhi prevale su tutti i lineamenti. Il naso evoca la più pura classicità ellenica: dritto, essenziale nelle linee che lo compongono, inconfondibile. Del suo viso il naso è la parte che ha fatto più discutere: snello e ben modellato con una lieve convessità al centro che talvolta le conferisce un’espressione aristocraticamente sprezzante.
Il pittore Gregorio Sciltian scrisse che il profilo di Mina sarebbe andato bene per un profilo idealizzato di Dante. La fronte, ampia, evidenziata dall’attaccatura dei capelli, é lievemente arrotondata. La bocca ha contorni incerti ma personalissimi.
La cosa stupefacente é che nessuna truccatura ha mai prevaricato la sua faccia. La personalità e l’energia che emana oltrepassano qualsiasi maschera venga sovrapposta al suo viso. È sempre Mina la protagonista, colei che dà un giusto senso anche alla proposta più azzardata. Un volto inconfondibile che ha indossato una miriade di maquillage diversi senza mai diventare un’altra persona.
La sua “maschera”, come dice lei, l’ha costruita nel tempo sommando con intelligenza, esperienza e ripensamenti. I lineamenti ovviamente non sono mai cambiati, però ci vollero anni prima che, come si dice in gergo, “si trovasse una faccia”, imparasse a giocare con essa e ne capisse le potenzialità in un primo tempo, imparando successivamente ad accentuarle e valorizzarle.
Quali sono i colori che ha solitamente usato nei Make-Up per la cantante Mina?
In tutti questi anni per la bocca di Mina ho quasi sempre scelto dei rossetti piuttosto scuri: mattone cupo o marrone prugna, modellandola talvolta con ombreggiature poste al centro e ai lati del lab- bro superiore. Giusto per le copertine di “Del mio meglio n. 8”, dove abbiamo rievocato alcune testate internazionali, ho usato dei rossetti colorati: rosso, fucsia, ecc.
Per gli occhi di Mina invece: tonalità di marrone e nero.
Ci potrebbe fare una carrellata dei suoi lavori più importanti? Vorremmo conoscerne di più, dalle cover più importanti secondo lei Stefano, fino ai tipi di makeup che ha realizzato per Mina come suo truccatore personale.
La copertina Attila di Mina Mazzini a cura di Stefano Anselmo
Allora, nella copertina di “Attila”, siamo nel ’78, ci fu in mio intervento, come dire, indiretto in quanto nacque da un mio schizzo dove la testa calva di Mina appoggiava su un piano coi punti di fuga, alla maniera della pittura metafisica. L’abile mano dell’illustratore Gianni Ronco lavorando su una foto di Mauro Balletti, fece il resto.
La copertina di Salomè 1981 e “Italiana” un anno dopo: vediamo quale trucco scelse Stefano Anselmo per Mina
Sappiamo che, i Vangeli narrano che, istigata dalla madre, Salomè, chiese come compenso allo zio e patrigno Erode Antipa, che tanto aveva apprezzato la sua danza, la testa di Giovanni Battista, suo pubblico censore e così fu: mozzata dal corpo le venne presentata su un piatto d’argento.
La sua figura ispirò artisti, scrittori e musicisti: “Il festino di Erode” di Donatello, “La testa di S. Giovanni presentata ad Erode” di Giotto. Ma anche l“Erodiade” scritta da Silvio Pellico e quella incompiuta di Mallarme. E poi quella fin de siècle di Fréderic Massenet e il notissimo dramma di Oscar Wilde dal quale, a sua volta, Richard Strauss ne ricavò un’opera. Più recentemente si sono ispirati a “Salomè” Carmelo Bene e Lindasay Kemp: “ …dansa por mi Salomè”, supplica Erode nel testo di Kemp.
E quindi decidemmo di fare anche la “nostra” Salomè. Quando uscì, il disco destò un certo scalpore: non si era ancora visto un bel viso di donna, quello di Mina, portare con tanta disinvoltura una folta e fluente barba. In un primo tempo avevo pensato a due possibilità: un posticcio alla Giuseppe Mazzini, che avrebbe potuto intonarsi al cognome; oppure una fluente barba leonardesca che si rivelò essere più vicina all’idea di Mina.
I giornali parlarono di fotomontaggi e di altre strane alchimie fotografiche (allora non si parlava an- cora di computer). Stranamente nessuno pensò alla cosa più semplice, cioè a una barba posticcia incollata sul viso, come sanno fare i truccatori.
La barba venne preparata dal laboratorio di Mario Audello di Torino al quale inviai le indispensabili misure del viso di Mina, una ciocca dei suoi capelli come campione di colore, e una riproduzione del celebre ritratto di Leonardo come indicazione per la foggia. In questo modo, il laboratorio Audello confezionò la barba intessendola su misura su una retina di tulle leggerissima che una volta incollata sul viso sarebbe risultata invisibile. Audello mi preparò anche dei lunghi baffi che però non usammo, e del pelo supplementare per camuffare le attaccature.
Per la copertina di Salomè optai per un trucco leggero, un po’ maschile, se si può dire: niente rigacce o pesanti aloni neri, ma solo chiaroscuri dorati sulle palpebre e ciglia artificiali leggerissime sia sul bordo superiore degli occhi che su quello inferiore. L’unica nota di sapore decisamente “cosmetico” furono le labbra, sulle quali applicai il solito rossetto mattone scuro. Il trucco del viso lo eseguimmo nello studiolo di casa mia, poi ci spostammo nello studio fotografico di via Pagano a Milano dove le incollai la barba. Durante il servizio fotografico vennero provate alcune varianti: con gli occhiali, col turbante e anche con uno sfondo dorato che Mina definì “natalizio”.
L’anno successivo uscì “Italiana” che non è la rivisitazione della maschera di un teatro orientale e tanto meno di quella di un popolo africano come alcuni hanno scritto. Sebbene per certi aspetti si possano rilevare analogie con questo genere di maschere, “Italiana” nacque per caso, come forma di semplice decorazione del viso, dove tratti e colori sono fine a sé stessi senza alcun significato arcano. Quando ci riunimmo nel mio studio per realizzare la copertina del disco, non avevamo un’idea precisa, volevamo fare un “mascherone”, qualche cosa di appariscente adatto alla nuova copertina; abbiamo persino accennato a quella di Tutankhamon.
All’inizio del trucco, Mina mi chiese di colorarle la fronte di giallo, poi, pensando a qualche cosa di africano, la pelle divenne marrone. Il risultato, però, non mi sembrò soddisfacente. Tanto valeva esagerare. Cominciai ad applicare del rosso qua e là e poi del nero: il resto venne da sè.
Il Makeup scomposto della copertina di Mina “Del mio meglio n. 7”
“Del mio meglio n. 7” del 1983, è uno dei miei preferiti. Una sera a casa di Mina chiacchieravamo con Mauro Balletti su nuove idee per nuove copertine. A un tratto, Mina prese specchio e matita e si fece un segnaccio sul viso in corrispondenza delle sopracciglia, poi mi consegnò la matita e mi disse: “va avanti, prova a fare quello che ti viene in mente”. Io non me lo lasciai dire due volte e mi sbizzarrii in un trucco, se così si può definire, inusuale, lasciando la mia mano libera di scarabocchiare impudentemente sulla sua faccia. Il risultato mi sembrò una schifezza, ma lei e Mauro lo considerarono interessante: Mauro scattò qualche foto in bianco e nero e in un secondo tempo le stampò.
Le foto rimasero inutilizzate per qualche tempo, poi un giorno decisi di fotocopiarle per fare delle rielaborazioni (all’epoca i computer non esistevano né, tantomeno Photoshop). Colorai, disegnai, ritagliai e rimontai le fotocopie di quel servizio casalingo secondo un criterio vagamente cubista e mostrai il risultato a Mauro che apprezzò.
A breve lo tradusse in un esecutivo perfetto rifacendo tutto quanto su foto vere e non su fotocopie, ritoccando le giunture con un pennellino sottilissimo e la tempera. Così ci si ingegnava in un’epoca in cui il ritocco digitale non esisteva ancora. Anche quella volta, all’uscita del disco, la faccia “scomposta” di Mina destò un certo scalpore.
Ecco che si conclude la prima parte della nostra intervista. Tra qualche settimana pubblicheremo la seconda parte e continueremo a scoprire i Trucchi di tutte le Cover dell’incredibile Mina Mazzini a cura del Maestro Stefano Anselmo.
Rimanete sintonizzati…. Stay Tuned!